ISTITUTO DI STUDI COMUNISTI
Karl Marx - Friedrich ENGELS
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Lettere dell'Istituto 14
Sul Referendum Costituzionale
Premessa.
    Occorre avere coscienza che la battaglia referendaria in atto  
costituisce un momento acuto della lotta del popolo lavoratore tutto 
nella difesa della Costituzione e dei valori della Costituzione 
contro la classe della borghesia, che è ostile alla Costituzione e 
che l'ha sempre avversata, come discuteremo da qui a poco.
Le modifiche non sono affatto tecniche, ma vogliono svuotare di 
qualsiasi contenuto la Carta Costituzionale e mirare ad abrogarla di 
fatto, riducendola ad una vuota dichiarazione, un contenitore vuoto.
La liquidazione della Costituzione, la volontà cioè di avere le mani 
libere, senza vincoli e condizionamenti costituzionali, costituisce 
un momento della tattica della borghesia italiana nella sua lotta 
contro i lavoratori, per avere da una parte la massima libertà di 
sfruttamento e rapina e per la totale sottomissione dello Stato, le 
sue ricchezze, le sue funzioni, le sue strutture, alle istanze del 
capitale; è parte, cioè, del più generale attacco ai lavoratori, al 
mondo del lavoro ed alle sue organizzazioni. 
La Carta Costituzione costituisce un grave limite a tale libertà del 
capitale e della proprietà privata. Ma essa non può essere soppressa 
tanto facilmente, perché radicata nella coscienza civile, storica, 
politica, culturale del popolo italiano. Essa nasce dalla Resistenza 
ed esprime i valori della Resistenza e la Resistenza costituisce le 
radici profonde dell'unità nazionale, della coscienza civile e della 
memoria storica del popolo italiano.
Occorre, allora, come vedremo, liquidare prima la Resistenza, 
banalizzarla, denigrarla per poter poi, successivamente, una volta 
attuata l'operazione di distruzione della memoria storica collettiva 
del popolo italiano, poter passare alla liquidazione della Carta 
Costituzionale che, distrutta la memoria storica, risulta adesso un 
inutile orpello, senza radici né giustificazione alcuna.
Noi quindi come Istituto, come nostro contributo, abbiamo inteso 
fermare questi momenti, queste coordinate entro cui si iscrive tale 
battaglia, che vede la classe della borghesia in lotta contro la 
Costituzione nella forma mistificata della lotta alla burocratismo, 
per l'efficienza, ecc. e come strumento di tale battaglia formazioni 
politiche ad essa dichiaratamente asservita e sua diretta emanazione.
La guerra alla Costituzione, infine, non è di oggi. Quello che oggi 
viviamo è la fase acuta di tale guerra alla Costituzione, la fase in 
cui la borghesia ritiene di poter scatenare l'offensiva per la 
liquidazione reale della Costituzione ed avere, così, mani più 
libere nella lotta contro il movimento dei lavoratori e le sue 
organizzazioni.
Strana sorte quella toccata alla Costituzione Italiana.
Non era neppure stata approvata e già si parlava di modifiche, della 
necessità di renderla adeguata ai tempi. Sorte strana ed unica in 
verità, giacché un tale dibattito non ha minimamente attraversato 
tutti gli altri Stati: Francia, Germania, Olanda, Belgio, Norvegia, 
Finlandia, Grecia, Giappone, Stati Uniti, Gran Bretagna, ecc. ecc. . 
Negli ultimi cinquant'anni non vi sono stati dibattiti di tal 
genere, né modifiche a leggi elettorali o ai Parlamenti nazionali, 
ecc. eppure essi in media sono più vecchie della nostra di cento-
centocinquanta anni!.
  
   
   La Resistenza è la Costituzione!
       La Costituzione è la Resistenza!
     La Costituzione è il prodotto, il risultato della lotta di 
Resistenza condotta e guidata dalla classe operaia  in primo luogo, 
dall'alleanza operai e contadini e popolo italiano contro il 
fascismo, la monarchia, il nazismo.
La Costituzione fu imposta dai rapporti di forza favorevoli alle 
forze del progresso, della democrazia e della pace alla borghesia 
monopolistica italiana ed europea, rapporti di forza che erano stati 
stabiliti sul piano militare nel corso della Resistenza.
I principi, i valori della Resistenza entrano così dentro la 
Costituzione, trovano nella Costituzione la loro formulazione 
giuridico-costituzionale:
solidarietà, uguaglianza, fratellanza, pace, giustizia formale e 
sostanziale,  democrazia economica e sociale.
Esiste allora un rapporto inscindibile tra Resistenza e Costituzione.
L'attacco per la liquidazione della Costituzione è sempre, allora, 
preceduto dall'attacco alla Resistenza, la sua liquidazione, 
banalizzazione per configurarla come lotta fratricida del popolo 
italiano, nel mettere tutto e tutti sullo stesso piano.
La Costituzione italiana approvata nel 1948 in realtà è stata 
totalmente disattesa fino al 1956.
Approvata la Costituzione, il Parlamento avrebbe dovuto con leggi 
ordinarie o leggi costituzionali ( richiedenti particolari modalità 
e maggioranze ) permettere il funzionamento stesso dei nuovi 
istituti.
Dal 1948 in poi, i successivi Parlamenti avevano pertanto il dovere 
primario di porre in essere con leggi adeguate, gli organi destinati 
a tradurre in vivente realtà le norme scritte nella Costituzione. 
Tale obbligo costituzionale fu disatteso fino al giugno 1956:
dare vita alle regioni a statuto ordinario ( quelle a statuto 
speciale erano sorse all'indomani della Liberazione ), creare il 
Consiglio Superiore della Magistratura, abolire vecchie 
giurisdizioni speciali e riformare quelle militari, cancellare in 
toto congegni normativi del vecchio regime fascista.
L'esempio più vistoso era offerto dalla legge di Pubblica Sicurezza 
del 1931, rimasta in vigore nonostante l'avvento della Repubblica e 
della Costituzione, di cui ne costituiva assoluto contrasto.
L'esistenza ancora di tale legge agiva da ostacolo all'entrata in 
vigore di nuove normative e che avrebbero consentito la nascita 
della Corte Costituzionale.
Caso eclatante sarà costituito dal cosiddetto " caso Danilo Dolci" 
del marzo 1956.
Dolci era stato arrestato per aver promosso una manifestazione di 
protesta dei disoccupati, consistente nell'iniziare lavori di 
riparazione di una vecchia strada comunale abbandonata, in Sicilia, 
vicino  Tappeto.
Il centro di tutto ruotava attorno al famigerato art. 113 della 
citata legge di Pubblica Sicurezza che vietava di distribuire o 
mettere in circolazione, in luogo pubblico o aperto al pubblico, 
senza licenza della locale autorità di pubblica sicurezza scritti o 
disegni.
Tale articolo come ben si vede era in totale ed assoluto contrasto 
con la Carta Costituzionale, eppure a distanza di otto anni 
continuava ad essere vigente.
E così l'inerzia del Parlamento, dal 1948 al 1956, si configurava 
come deliberato rifiuto da parte della schiacciante maggioranza 
parlamentare di agire, si configurava come premeditato sabotaggio.
L'ostruzionismo di maggioranza aveva per obiettivo di abbattere la 
Costituzione; e tenterà il colpo di mano con la legge truffa del 
1953, dopo l'attentato a Togliatti del 1948; dopo la feroce 
repressione del periodo scelbiano del 1948: il licenziamento in 
massa di quadri operai comunisti e sindacalisti che erano stati 
protagonisti della Resistenza e della ricostruzione del sindacato 
nelle fabbriche, i " reparti Siberia", reparti punitivi ove venivano 
confinati operai comunisti ed attivisti sindacali. Il fallimento 
sostanziale di tutta l'azione di violenta e sanguinaria repressione 
di movimenti di lotta e l'ascesa del movimento di lotta della classe 
operaia ed il crescere dell'opposizione di forze democratiche e 
progressiste, costringeva alla costituzione della Corte 
Costituzionale  il 13. giugno. 1956 che con la sua prima storica 
seduta  cancellava l'articolo 113, ma faceva rimanere in vigore 
tutto il restante apparato di leggi fasciste e sabaude. La risposta 
borghese non si farà attendere e con la presidenza Segni vi è il 
tentativo di un colpo di Stato, tendente ad abbattere la 
Costituzione, dopo aver tentato lo scontro di piazza con il governo 
Tambroni del luglio 1960 e dopo i fatti di Piazza Statuto, che 
segnano la fine della scissione sindacale e l'inizio del cammino per 
una nuova unità sindacale. Segni sarà costretto alle dimissioni, la 
motivazione ufficiale " stato di salute". 
Ma la Carta Costituzionale continuerà a rimanere disattesa in molti 
altri punti, come quello inerente il decentramento: le Regioni 
saranno istituite solo nel 1970, 22 anni dopo l'entrata in vigore 
formale della Costituzione e sotto il possente movimento di lotta 
dell' " autunno caldo" e poi con le Regioni, la costituzione dei 
Consigli Circoscrizionali.
    Dalla metà degli anni Ottanta è iniziata una nuova fase di 
attacco alla Costituzione, culminata poi nelle modifiche oggetto 
dell'attuale referendum abrogativo del 25 e 26. giugno. 2006.
E' iniziata una lunga e ben articolata offensiva sul piano teorico 
che andava sotto il nome di " revisionismo storico", tendente a 
mistificare, calunniare, negare la Resistenza  e mettere sullo 
stesso piano i partigiani ed i fascisti di Salò. E' stata 
un'escalation fino ad arrivare a consentire a formazione 
dichiaratamente fasciste e con simboli fascisti e nazisti e con 
teorie apertamente razziste, antiebraiche e negazioniste, ossia 
negazione dello sterminio di ebrei, negazione dell'olocausto, di 
ricostituirsi e di essere presenti in campagne elettorali, in totale 
disprezzo della Carta Costituzionale, sfacciatamente proseguita con 
il taglio di fondi all'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, 
ANPI.: il punto di arrivo di tale escalation è la modifica 
reazionaria alla Carta Costituzionale avvenuta a colpi di 
maggioranza ed in disprezzo totale alla coscienza nazionale.
L'obiettivo che allora si voleva conseguire con il " revisionismo 
storico" il riciclaggio di formazioni fasciste e l'attacco alla 
Resistenza era allora la liquidazione, ancora una volta, della 
Costituzione, come si era perseguito nel periodo 1948-1962.
La battaglia reale in atto è allora attorno alla Resistenza.
La battaglia reale in atto è allora la difesa della Resistenza.
La Resistenza.
        Ha perfettamente ragione sul piano scientifico e storico il 
Presidente della Repubblica, e con lui i due Presidenti della Camera 
e del Senato della Repubblica, quando indica nella Resistenza la 
base dell'unità nazionale, la base della coscienza civile della 
nazione italiana, le radici profonde dell'identità nazionale.
        La lotta risorgimentale ( 1789  1860 ), ossia la lotta 
della classe borghese italiana per la conquista del potere e lo 
sviluppo dei rapporti di produzione capitalistici in Italia, è stata 
sostanzialmente una lotta d'elite . Una lotta ove la direzione 
moderata cavouriana  aveva per obiettivo di non attuare la riforma 
agraria e quindi la ripartizione delle terre e del latifondo 
nobiliare-feudale e quindi non perseguiva in alcun modo l'obiettivo 
di coinvolgere il popolo nella lotta risorgimentale ed intendeva, 
invece, perseguire tale obiettivo tramite alleanze internazionali ed 
eserciti regolari. Una tale strategia aveva per obiettivo quello di 
perseguire un'alleanza con la classe nobiliare-feudale. Cavour e la 
direzione moderata perseguitano quindi i rivoluzionari e lavorano 
per demoralizzare, abbattere, sconfiggere, neutralizzare le forze 
patriottiche e popolari che accorrevano nella lotta per l'unità 
d'Italia e per la cacciata dello straniero dall'Italia.
Un tale programma non poteva costituire momento di unità all'intero 
processo, escludeva i contadini che costituivano oltre l'80% della 
popolazione  e non poteva costituire, come non costituì, coscienza 
nazionale, momento e tradizione storici italiani. Costituì, invece, 
una nuova, altra, stratificazione ma senza la coscienza nazionale. 
Sorge quindi in sostanziale ostilità del popolo, che l'accettò come 
dato di fatto, ma non costituì coscienza, cultura, tradizione né 
progresso civile, sociale, umano, culturale, democratico.
E fu proprio il processo democratico il primo, la partecipazione 
popolare ad essere perseguitati e contro cui la direzione moderata 
cavouriana si mosse in maniera ferrea e spietata.
Per una disamina più attenta rimandiamo ai lavori dell'Istituto in 
merito.
Basta qui annotare come nel corso della 1a guerra d'indipendenza, 
1848-1849, nella battaglia di Novara, 1849, la cui sconfitta 
comportò l'abdicazione di Alberto di Savoia, la direzione moderata 
preferì perdere la battaglia e la guerra anziché far scendere in 
campo 10mila patrioti, freschi non ancora entrati in battaglia, che 
avrebbero capovolto le sorti della battaglia, appunto per non 
mobilitare le forze patriottiche. Sorte peggiore toccò a Cattaneo ed 
alle forze militari a lui legate, le " camicie verdi", schernite, 
derise, a cui vennero fatti venire meno armi, munizioni, 
vettovagliamento: cibi, divise, collegamenti logistici ed utilizzati 
in azioni disperate al fine di farli massacrare dal nemico e così 
liberarsi di una tale presenza decisamente eversiva .
Non diversamente nel corso della " Spedizione dei Mille" , quando 
Garibaldi represse nel sangue i movimenti contadini che chiedevano 
la terra e lo scioglimento dei latifondi nobiliari-feudali, che pure 
era stato loro promesso.. Sono noti gli eccidi di Bronte e 
dell'intera zona da Bixio operati, ma da Garibaldi ordinati.
Colpi di mano e lacerazioni profonde avvennero anche con i patrioti 
e le popolazioni delle Marche, della Toscana, dell'Emilia, della 
Romagna come attestano gli atti parlamentari, giacché Cavour e 
Vittorio Emanuele II vennero subito meno agli accordi stipulati 
nell'inverno del 1859 a Torino con tutti i patrioti italiani circa 
il futuro assetto dell'Italia unita.
Un processo nella sostanza, come si vede, ostile al popolo italiano 
ed ai patrioti, che nella sostanza non si identificarono e ben 
presto se ne allontanarono. Un processo questo che non costituì 
coscienza nazionale e non costituì cultura,se non quell'ibrido 
culturale provinciale gretto e miserrimo della cultura italiana 
dell'epoca sabauda, 1860-1943. Una cultura che tagliava con le 
grandi correnti di pensiero europee e statunitensi.
La borghesia italiana stessa non crebbe politicamente e 
culturalmente e non produsse una teoria politica italiana e quindi 
non formò suoi quadri, inchiodandosi alla sua natura bottegaia, 
senza produrre un corpo di quadri della classe in grado di ragionare 
al di fuori del cassetto della bottega, finendo così per affidarsi 
ai quadri nobiliari-feudali ed ai quadri della chiesa, perdendo da 
subito qualsiasi egemonia politica, morale, civile e culturale, 
disperdendo così il grande patrimonio scientifico  e letterario 
italiano dei secoli precedenti.
Lo Statuto Albertino fu così imposto dall'alto al popolo italiano e 
così estraneo alla sua trazione storica ed alla sua coscienza 
storica e civile. E sul piano generale ne risultò bloccata la 
crescita civile, democratica, sociale del popolo italiano, ma una 
borghesia bottegaia poteva esercitare egemonia solo in tali 
condizioni e tutta la sua azione futura sarà costantemente segnata 
dall'obiettivo di restaurare quelle condizioni e quell'Italia.
Ma poi lo stesso sviluppo economico sarà asfittico, accattone, 
travolto dopo neppure venti anni dall'unità da scandali bancari e 
truffe in un intreccio perverso con la mafia e la camorra, garanti 
dell'ordine e della proprietà latifondista dei baroni e della chiesa 
cattolica.
Questa Italia, queste condizioni sostanziali furono, sono e saranno, 
l'Italia e le condizioni a cui la borghesia bottegai italiana 
aspirerà. Ed infatti dinanzi all'offensiva operaia del biennio 
rosso, 1919-1920 la borghesia tramite il fascismo restaura con la 
violenza quelle condizioni e quell'Italia.
Federico Engels ha ben fermato questi tratti peculiari italiani, 
nella sua lettera a Turati del 26. gennaio. 1894 scrive in maniera 
implacabile:
" La situazione italiana, a mio parere è questa.
La borghesia, giunta al potere durante e dopo l'emancipazione 
nazionale, non seppe né volle completare la sua vittoria. Non ha 
distrutto i residui di feudalità, né ha riorganizzato la produzione 
nazionale sul modello borghese moderno. Incapace di far partecipare 
il paese ai relativi e temporanei vantaggi del regime capitalista, 
essa gliene impose tutti i carichi, tutti gli inconvenienti. Non 
contenta di ciò, perdette per sempre in ignobili bindolerie 
bancarie, quel che le restava di rispettabilità e di credito.
Il popolo lavoratore  contadini, artigiani, operai: agricoltori e 
industriali  si trova dunque schiacciato, da una parte da antichi 
abusi, retaggio non solo dei tempi feudali, ma benanche 
dell'antichità 
( mezzadri, latifundia del mezzodì, ove il bestiame surroga 
l'uomo ): dall'altra parte, dalla più vorace fiscalità che mai 
sistema borghese abbia mai inventato.".
La Resistenza
    La Resistenza vede, invece, la partecipazione diretta di tutto 
il popolo italiano: operai, contadini, artigiani, impiegati, 
intellettuali a tutti i livelli. La Resistenza non fu solamente i 
partigiani, fu invece l'intero popolo italiano che a vari gradi e 
livelli partecipava alla lotta armata contro il nazifascismo e che 
costituiva, al tempo stesso, la riserva da cui venivano nuovi e 
sempre più numerosi partigiani; non fu solo la Resistenza nelle 
campagne e sui monti, ma anche nelle città, nei luoghi di lavoro . 
Il periodo 1943-1946 vide un dibattito alto sui problemi del Paese 
ed il futuro assetto dell'Italia ed una partecipazione democratica 
ai processi decisionali vasta e multiforme. Costituì una sintesi tra 
le tre grandi componenti storiche della cultura e della coscienza 
italiane: la comunista, la repubblicana-socialista-liberale e la 
cattolica.
Questa lotta forma una nuova generazione, dal suo seno scaturisce 
una nuova cultura, una nuova concezione della vita, del rapporto tra 
gli uomini, della società, una nuova concezione di diritto, 
uguaglianza, pace, fratellanza, giustizia, democrazia che andava 
oltre la lettura giuridico-formale per approdare ad una concezione 
unitaria che investiva i campi dell'economia, della politica, della 
società e quindi approda ad una concezione della democrazia 
economica, politica, sociale e così ad una concezione 
dell'uguaglianza economica, politica, sociale e così una giustizia 
economica, politica, sociale, ecc. L'articolo 11 costituisce una 
sintesi magistrale di questo nuovo approdo: " L'Italia ripudia la 
guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e 
come mezzo di risoluzioni delle controversie internazionali; 
[ ..]."  Vi è qui la liquidazione, e senza appello, di tutta la 
retorica patriottarda, di tutta la teoria, la concezione e la 
pratica del nazionalismo, dello  " spazio vitale", e l'affermazione 
del principio supremo dell'uguaglianza di tutti i popoli e della 
fratellanza tra tutti i popoli.
Rompe con gli schemi gretti del provincialismo della cultura 
italiana, giungono così a maturazione processi ed istanze che fino 
ad allora erano stati repressi dal compromesso della direzione 
moderata e dal regime sabaudo, 1860-1943, e che ora prorompe.
Basta pensare a tutta la stagione culturale post 1945, la rivista " 
Il Politecnico", il neorealismo, ecc.
Questo costituirà coscienza e memoria storica e civile del popolo 
italiano.
La Resistenza è veramente il primo momento unitario nell'intera 
storia plurisecolare del popolo italiano, diviso per secoli in 
staterelli regionali.
E' l'unità d'Italia raggiunta, che è unità nelle e delle coscienze.
    
La borghesia italiana, nel periodo della Resistenza, è intenta a 
fare quattrini con gli anglo americani nel sud del Paese e con i 
nazisti al centro-nord. Salò e Mussolini a Salò altro non sono che 
la 
rappresentanza commerciale della borghesia italiana presso il 
comando tedesco a garanzia delle commesse tedesche, e soprattutto il 
pagamento di queste, alla borghesia italiana; squadre di vigilantes 
personali della borghesia italiana contro i lavoratori atte a 
garantire l'ordine e la disciplina del capitale italiano nelle 
fabbriche di quella zona. La partecipazione fascista alla 
repressione del movimento partigiano era funzionale a quest'ordine 
del capitale nelle fabbriche, garanzia e servizio reso ai tedeschi 
per le commesse ed il pagamento di queste.
Sarà, la Resistenza, un processo che non la toccherà, la vivrà 
estraneo da essa, altro da essa:
la bottegaia guardava al suo " particulare" quotidiano.
Non la guiderà e non ne sarà in qualche modo punto di riferimento, 
orientamento.
La Resistenza non costituisce, nemmeno questa volta, momento di 
crescita e di formazione civile e culturale, resterà la bottegaia di 
sempre.
Non cresce politicamente e culturalmente, autoinchiodandosi ancora 
una volta ai quadri vaticani ed a quelli della tradizione nobiliare-
feudale, confluiti ora nel crocianesimo.
La Resistenza acuisce, così, il distacco già abissale tra il popolo 
e la borghesia, fissandone in maniera incontrovertibile le 
rispettive ostilità e diffidenze. La borghesia si opporrà allora 
alla Resistenza ed alla Costituzione, alla cui elaborazione e 
stesura non parteciperà e che dovrà subire, non solo perché 
esprimono momenti centrali di opposizione al suo dominio, ma 
soprattutto perché estranei ad essa, altro da essa, perché 
delineavano un'Italia e delle condizioni diverse da quelle entro le 
quali essa riesce ad esprimersi.
    La cartina al tornasole di questa povertà della borghesia, della 
sua natura bottegaia, estranea alla società civile, istituzionale, 
culturale e morale è proprio ed esattamente Berlusconi ed il 
Berlusconismo di questo ventennio, 1986-2006, che il risultato 
elettorale dell'aprile 2006 ne sancisce la fine. Berlusconi, ed il 
suo progetto: il berlusconismo, nascono dentro la Confindustria.
E' la borghesia che ha voluto fare da sé e facendo da sé si è 
impietosamente messa alla berlina, evidenziando tutti i suoi limiti, 
tutta la sua natura bottegaia, volgare e miserrima.
Nel 1984 Berlusconi è del direttivo della Confindustria e quando ne 
uscirà, ne uscirà per dare vita al progetto politico denominato " 
Forza Italia" e per l'intero ventennio troverà nella Confindustria 
sostegno aperto e senza appello a tutti i livelli. Quando nel marzo 
2006 viene scaricato è già finito da un pezzo, ma dopo aver tentato, 
da parte della Confindustria, tutte le strade per salvarlo e 
rimetterlo in piedi.
Al di là del giudizio politico, è evidente tutta la povertà 
culturale di questa forza politica e dei suoi quadri, una totale 
assenza di una qualsiasi concezione dello Stato, della società 
civile, intesa, e compresa, unicamente come " azienda", i cui valori 
sono l'individualismo esasperato, una concezione corrotta della 
politica intesa come affarismo e lo Stato come strumento personale 
di arricchimento e di protezione: vedi le leggi ad personam, il 
rientro dei capitali dall'estero, il falso in bilancio, ecc. 
Mediaset con i suoi programmi televisivi e la massa di quotidiani e 
riviste di cui è proprietaria è manifesto evidente di tutta la 
povertà culturale, la piccineria intellettuale, incapace di produrre 
cultura, di fare cultura, di formare una coscienza tutta schiacciata 
sulla notizia show, la cultura spettacolo, l'uomo, la sua vita, le 
sue vicissitudini come spettacolo, come " audience". La produzione 
culturale italiana è precipitata al pettegolezzo ed all'inciucio, 
non vi è stato in questo periodo una produzione culturale editoriale 
di un qualche rilievo eppure le maggiori case editrici erano, e sono 
nelle mani di Berlusconi: Mondatori, Einaudi, ed altre; non 
diversamente la produzione cinematografica ed artistica: un 
ventennio buio, un ventennio della miseria e della piccineria 
culturale e soprattutto della volgarità ed oscenità culturale; il 
sonno della ragione.
    La borghesia, allora, condurrà sempre in tutte le condizioni, e 
nelle forme diverse che le condizioni le impongono, una lotta 
accanita, spietata, violenta, sanguinaria, legale ed illegale contro 
la Costituzione per il suo abbattimento e per la restaurazione di 
quelle condizioni e di quella Italia; in uno dello Statuto 
albertino, la cui piccineria e grettezza l'esprime appieno ed in cui 
si riconosce e si realizza e realizza la sua egemonia.
        La Costituzione, la sua difesa sono affidate unicamente 
nelle mani del popolo lavoratore, che trae da essa la fonte della 
sua piena identità nazionale, base e fonte di tutti i suoi sviluppi 
futuri.
La Costituzione
        La Costituzione Italiana costituisce una innovazione 
profonda nel campo costituzionale.
Essa è diversa nella forma e nel contenuto da tutte le altre 
costituzioni, costituendone un punto avanzato in dottrina e sul 
piano sociale e culturale. L'innovazione forte è determinata dal 
fatto che mentre tutte le altre costituzioni leggono e legiferano 
attorno al cittadino in sé, il civis, la Costituzione Italiana legge 
la complessità e multilateralità del cittadino, la multilateralità 
del civis. Le altre costituzioni si limitano, così, ad indicare e 
garantire i diritti individuali del civis, ma senza preoccuparsi poi 
di garantirne al civis le possibilità reali, materiali, della 
attuazione ed usufruizione di tali.
La Costituzione Italiana raccoglie cioè il poderoso dibattito 
apertosi già sul finire del 1700, con la rivoluzione francese e la 
Costituzione del 1793, circa le intenzioni proclamate e le reali 
possibilità di usufrutto. Il dibattito teorico approdava, così, alla 
teoria della fictio juris che poneva al centro esattamente tale 
disparità tra la proclamazione dei Diritti Universali e la concreta 
possibilità di usufrutto da parte di tutti i cittadini.
Il dibattito costituì, così, una critica alle teorie politiche e 
giuridiche a cui la Dottrina Politica era pur giunta, attraverso un 
lungo e tormentato processo di critica alla teoria politica feudale 
del suddito a cui contrapponeva, appunto, il civis; dell'uomo che in 
quanto civis è portatore di diritto e di doveri inalienabili, 
dibattito che era  parte del più complessivo processo rivoluzionario 
protrattosi per circa 3secoli ( 1550- 1793 ). La Costituzione 
Italiana, spostandone in avanti gli orizzonti, fermava l'attenzione 
sulla complessità dell'uomo, non riconducibile unicamente allo 
status del civis; ne sottolineava il sostanziale impoverimento 
dell'uomo, del civis e spingeva per un'altra concezione dell'uomo, 
un nuovo ed altro umanesimo. Il dibattito si configurava, così, come 
continuità dell'intera tematica, facendola transitare dall'umanesimo 
del civis, all'umanesimo sociale.
Giunge, così, la Costituzione Italiana alla formulazione degli 
articoli 1 e 2.
Articolo 1: " L'Italia è una repubblica democratica fondata sul 
lavoro.
                     La sovranità appartiene al popolo, che la 
esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione."
Con l'aver posto al centro " lavoro", la Costituzione Italiana ha 
voluto porre al centro l'uomo nel suo divenire uomo, il lavoro 
inteso come emancipazione e progresso, artefice principe di tutti i 
progressi materiali e spirituali, civili, sociali, culturali, 
istituzionali.
    Ovviamente la piccineria italiota vi ha letto " il lavoro 
quindi operaio, quindi 
.!! 
Ma non solo " lavoro" è posto al centro ma viene introdotta 
un'importante distinzione, che raccoglie il poderoso dibattito 
svoltosi già a partire dalla fine del Settecento tra monarchia e 
repubblica, distinguendo le varie forme della monarchia: 
costituzionale, assoluta, ma lasciando il termine " Repubblica" 
nell'indifferenza e non coniugando l'opposizione Monarchia  
Repubblica con Democrazia, con la partecipazione democratica del 
popolo al processo decisionale e le forme e le strutture e le 
istituzioni;  come se, cioè, fosse indifferente la forma rispetto 
alla sostanza; come se fosse indifferente la forma: Repubblica o 
Monarchia nella definizione ed estrinsecazione del civis, che anche 
nella monarchia costituzionale continuava ad essere suddito e non 
civis.
Approda così la Costituzione Italiana alla definizione di " 
Repubblica democratica" e con tale distinzione afferma il principio 
teorico centrale che la forma "Repubblica" non è di per sé garante 
di democrazia e che essa è involucro che va poi riempito di ben 
precisi, esatti, contenuti che la identifichino come forma superiore 
della Monarchia nella partecipazione, forma reale in grado di 
consentire l'esercizio della sovranità al popolo e quindi la 
possibilità che la " repubblica" possa essere oltre che democratica, 
anche autoritaria, elitaria, ecc.
Articolo 2: " La Repubblica riconosce e garantisce i diritti 
inviolabili dell'uomo, sia come singolo
                     sia nelle formazioni sociali ove si svolge la 
sua personalità e richiede l'adempimento 
                     dei doveri inderogabili di solidarietà 
politica, economica e sociale.".
L'articolo 2 recepisce appieno l'articolo 1 e lo esplicita, 
definendo l'uomo nella sua multilateralità. Estende, allora, i 
diritti dell'uomo sia come singolo  recependo ed inglobando le 
precedenti acquisizioni teoriche e politiche frutto del processo 
rivoluzionario di circa 3 secoli  e sia come " societas", recependo 
lo sviluppo ulteriore del dibattito circa la fictio juris.
                  " sia come singolo sia nelle formazioni sociali 
ove si svolge la sua personalità"
                  " richiede l'adempimento dei doveri inderogabili 
di solidarietà politica, economica e sociale".
Giunge qui a conclusione, sul piano della teoria politica tutto 
l'elaborato teorico che si era sviluppato a partire dal Aristotele, 
filosofo del IV secolo prima dell'era volgare, e che ha costituito, 
poi, la base di tutta la teoria politica successiva. Aristotele 
definiva l'uomo " animale  sociale": " l'uomo per sua natura è 
un'animale sociale", ossia che vive in società. Tutta la produzione 
teorica si era fermata sull'uomo, ma solo con la Carta 
Costituzionale Italiana si arriva alla piena e totale soddisfazione 
dell'elaborato aristotelico, configurandosi, così, la Costituzione 
Italiana  come momento più avanzato del dibattito teorico, momento 
più alto a cui la Dottrina Politica viene portata, fondandola 
saldamente sull'impianto aristoteliano dell'uomo nel suo rapporto 
con la società, dell'uomo in quanto socialità; tratto che, invece, 
era stato, sino ad allora, o sottaciuto o posto in ombra e che qui 
adesso nella Costituzione Italiana acquisisce tutta la sua 
centralità e vis, potenza, dirompente.
    Questi due articoli costituiscono i pilastri, le pietre miliari 
attorno ai quali si costruisce l'intera intelaiatura della 
Costituzione. I restanti 137 articoli si dipanano esattamente da 
qui. Essi esplicitano, regolamentano i modi, le forme le istituzioni 
in cui, e tramite cui, questi due articoli, i due pilastri, devono 
trovare, e trovano, affermazione, attuazione, sviluppo e legittimità 
sostanziale.
E quindi l'intera intelaiatura, gli equilibri tra i tre poteri: 
legislativo, esecutivo e giudiziario, tra le varie parti dello 
Stato: centro-periferia, Parlamento: Camera dei Deputati e Senato 
della Repubblica, Regioni, Province, Comuni sono configurati dentro 
le coordinate dettate dagli articoli 1 e 2.
    Le modifiche costituzionali introdotte attaccano violentemente 
proprio ed esattamente questo equilibrio dell'intero sistema.
La " devolution" per esempio è in aperto contrasto con l'articolo 2. 
Essa ripropone la vecchia concezione del singolo civis, corpo 
estraneo allo Stato ed alla comunità, verso cui ha solo obblighi e 
nessuno la comunitas verso di lui, ecc. ecc. ecc.
Le modifiche inerenti il Capo dello Stato ed il Presidente del 
Consiglio alterano il rapporto tra le istituzioni e costituiscono un 
assurdo teorico e giuridico, giacché delineano nella sostanza una 
repubblica presidenziale, ma qui il riferimento presidenziale è al 
Presidente del Consiglio e non al Presidente della Repubblica, come 
invece va inteso il termine di " Repubblica presidenziale", e quanto 
proposto non è l'ordinamento costituzionale statunitense e nemmeno 
quello francese e di questi non ne introduce i correttivi, che 
invece, in quelle costituzioni sono introdotti per il riequilibrio 
dei poteri.
Mostrano così i proponenti la più totale, assoluta, incapacità di 
intendere cosa sia lo Stato, la società civile ed il rapporto Stato-
società civile, finendo in sostanza per raccattare la peggiore 
propaganda demagogico-populista sul burocratismo.
        La Costituzione Italiana presenta una terza e fondamentale 
innovazione, rispetto a tutte le altre Costituzioni fin qui avutesi.
La Costituzione Italiana, a differenza di tutte le altre, che sono 
chiuse, definiscono cioè qui ed ora e per sempre uno status 
costituzionalistico, quella italiana invece si configura in maniera 
netta ed inequivocabile come
Costituzione di Programma, o Costituzione-Programma.
Essa presenta una struttura ed una articolazione tale che prospetta, 
indica, traccia, le vie da seguire nell'evoluzione dei tempi. 
Prevede, infatti, una serie di istituti e rapporti tali da 
consentire alla legislazione ordinaria di adeguarsi con dinamicità 
ai tempi che cambiano,  pur restando saldamente nel solco della 
carta costituzionale. Ed in realtà, più ci si muove nell'alveo 
costituzionale e più si è in grado di adeguare le leggi dello Stato 
alle innovazioni. Delinea gli scenari futuri possibili e gli 
strumenti per tali scenari dell'evoluzione della società italiana.
Essa è la prima Costituzione nel suo genere.
Il tema sarà occasione di particolare attenzione dell'Istituto 
allorquando si discuterà di nuove ed eventuali modifiche 
costituzionali. Qui interessa fermare questo dato che costituisce un 
contributo importante all'intera Dottrina Politica e sposta in 
avanti l'intera teorica costituzionalistica.
domenica, giugno 11, 2006
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