domenica, giugno 11, 2006

Sul referendum costituzionale

ISTITUTO DI STUDI COMUNISTI
Karl Marx - Friedrich ENGELS
istcom@libero.it
www.istcom.it

Lettere dell'Istituto 14
Sul Referendum Costituzionale

Premessa.
Occorre avere coscienza che la battaglia referendaria in atto
costituisce un momento acuto della lotta del popolo lavoratore tutto
nella difesa della Costituzione e dei valori della Costituzione
contro la classe della borghesia, che è ostile alla Costituzione e
che l'ha sempre avversata, come discuteremo da qui a poco.
Le modifiche non sono affatto tecniche, ma vogliono svuotare di
qualsiasi contenuto la Carta Costituzionale e mirare ad abrogarla di
fatto, riducendola ad una vuota dichiarazione, un contenitore vuoto.
La liquidazione della Costituzione, la volontà cioè di avere le mani
libere, senza vincoli e condizionamenti costituzionali, costituisce
un momento della tattica della borghesia italiana nella sua lotta
contro i lavoratori, per avere da una parte la massima libertà di
sfruttamento e rapina e per la totale sottomissione dello Stato, le
sue ricchezze, le sue funzioni, le sue strutture, alle istanze del
capitale; è parte, cioè, del più generale attacco ai lavoratori, al
mondo del lavoro ed alle sue organizzazioni.
La Carta Costituzione costituisce un grave limite a tale libertà del
capitale e della proprietà privata. Ma essa non può essere soppressa
tanto facilmente, perché radicata nella coscienza civile, storica,
politica, culturale del popolo italiano. Essa nasce dalla Resistenza
ed esprime i valori della Resistenza e la Resistenza costituisce le
radici profonde dell'unità nazionale, della coscienza civile e della
memoria storica del popolo italiano.
Occorre, allora, come vedremo, liquidare prima la Resistenza,
banalizzarla, denigrarla per poter poi, successivamente, una volta
attuata l'operazione di distruzione della memoria storica collettiva
del popolo italiano, poter passare alla liquidazione della Carta
Costituzionale che, distrutta la memoria storica, risulta adesso un
inutile orpello, senza radici né giustificazione alcuna.
Noi quindi come Istituto, come nostro contributo, abbiamo inteso
fermare questi momenti, queste coordinate entro cui si iscrive tale
battaglia, che vede la classe della borghesia in lotta contro la
Costituzione nella forma mistificata della lotta alla burocratismo,
per l'efficienza, ecc. e come strumento di tale battaglia formazioni
politiche ad essa dichiaratamente asservita e sua diretta emanazione.
La guerra alla Costituzione, infine, non è di oggi. Quello che oggi
viviamo è la fase acuta di tale guerra alla Costituzione, la fase in
cui la borghesia ritiene di poter scatenare l'offensiva per la
liquidazione reale della Costituzione ed avere, così, mani più
libere nella lotta contro il movimento dei lavoratori e le sue
organizzazioni.
Strana sorte quella toccata alla Costituzione Italiana.
Non era neppure stata approvata e già si parlava di modifiche, della
necessità di renderla adeguata ai tempi. Sorte strana ed unica in
verità, giacché un tale dibattito non ha minimamente attraversato
tutti gli altri Stati: Francia, Germania, Olanda, Belgio, Norvegia,
Finlandia, Grecia, Giappone, Stati Uniti, Gran Bretagna, ecc. ecc. .
Negli ultimi cinquant'anni non vi sono stati dibattiti di tal
genere, né modifiche a leggi elettorali o ai Parlamenti nazionali,
ecc. eppure essi in media sono più vecchie della nostra di cento-
centocinquanta anni!.




La Resistenza è la Costituzione!
La Costituzione è la Resistenza!

La Costituzione è il prodotto, il risultato della lotta di
Resistenza condotta e guidata dalla classe operaia in primo luogo,
dall'alleanza operai e contadini e popolo italiano contro il
fascismo, la monarchia, il nazismo.
La Costituzione fu imposta dai rapporti di forza favorevoli alle
forze del progresso, della democrazia e della pace alla borghesia
monopolistica italiana ed europea, rapporti di forza che erano stati
stabiliti sul piano militare nel corso della Resistenza.
I principi, i valori della Resistenza entrano così dentro la
Costituzione, trovano nella Costituzione la loro formulazione
giuridico-costituzionale:
solidarietà, uguaglianza, fratellanza, pace, giustizia formale e
sostanziale, democrazia economica e sociale.
Esiste allora un rapporto inscindibile tra Resistenza e Costituzione.
L'attacco per la liquidazione della Costituzione è sempre, allora,
preceduto dall'attacco alla Resistenza, la sua liquidazione,
banalizzazione per configurarla come lotta fratricida del popolo
italiano, nel mettere tutto e tutti sullo stesso piano.
La Costituzione italiana approvata nel 1948 in realtà è stata
totalmente disattesa fino al 1956.
Approvata la Costituzione, il Parlamento avrebbe dovuto con leggi
ordinarie o leggi costituzionali ( richiedenti particolari modalità
e maggioranze ) permettere il funzionamento stesso dei nuovi
istituti.
Dal 1948 in poi, i successivi Parlamenti avevano pertanto il dovere
primario di porre in essere con leggi adeguate, gli organi destinati
a tradurre in vivente realtà le norme scritte nella Costituzione.
Tale obbligo costituzionale fu disatteso fino al giugno 1956:
dare vita alle regioni a statuto ordinario ( quelle a statuto
speciale erano sorse all'indomani della Liberazione ), creare il
Consiglio Superiore della Magistratura, abolire vecchie
giurisdizioni speciali e riformare quelle militari, cancellare in
toto congegni normativi del vecchio regime fascista.
L'esempio più vistoso era offerto dalla legge di Pubblica Sicurezza
del 1931, rimasta in vigore nonostante l'avvento della Repubblica e
della Costituzione, di cui ne costituiva assoluto contrasto.
L'esistenza ancora di tale legge agiva da ostacolo all'entrata in
vigore di nuove normative e che avrebbero consentito la nascita
della Corte Costituzionale.
Caso eclatante sarà costituito dal cosiddetto " caso Danilo Dolci"
del marzo 1956.
Dolci era stato arrestato per aver promosso una manifestazione di
protesta dei disoccupati, consistente nell'iniziare lavori di
riparazione di una vecchia strada comunale abbandonata, in Sicilia,
vicino Tappeto.
Il centro di tutto ruotava attorno al famigerato art. 113 della
citata legge di Pubblica Sicurezza che vietava di distribuire o
mettere in circolazione, in luogo pubblico o aperto al pubblico,
senza licenza della locale autorità di pubblica sicurezza scritti o
disegni.
Tale articolo come ben si vede era in totale ed assoluto contrasto
con la Carta Costituzionale, eppure a distanza di otto anni
continuava ad essere vigente.
E così l'inerzia del Parlamento, dal 1948 al 1956, si configurava
come deliberato rifiuto da parte della schiacciante maggioranza
parlamentare di agire, si configurava come premeditato sabotaggio.
L'ostruzionismo di maggioranza aveva per obiettivo di abbattere la
Costituzione; e tenterà il colpo di mano con la legge truffa del
1953, dopo l'attentato a Togliatti del 1948; dopo la feroce
repressione del periodo scelbiano del 1948: il licenziamento in
massa di quadri operai comunisti e sindacalisti che erano stati
protagonisti della Resistenza e della ricostruzione del sindacato
nelle fabbriche, i " reparti Siberia", reparti punitivi ove venivano
confinati operai comunisti ed attivisti sindacali. Il fallimento
sostanziale di tutta l'azione di violenta e sanguinaria repressione
di movimenti di lotta e l'ascesa del movimento di lotta della classe
operaia ed il crescere dell'opposizione di forze democratiche e
progressiste, costringeva alla costituzione della Corte
Costituzionale il 13. giugno. 1956 che con la sua prima storica
seduta cancellava l'articolo 113, ma faceva rimanere in vigore
tutto il restante apparato di leggi fasciste e sabaude. La risposta
borghese non si farà attendere e con la presidenza Segni vi è il
tentativo di un colpo di Stato, tendente ad abbattere la
Costituzione, dopo aver tentato lo scontro di piazza con il governo
Tambroni del luglio 1960 e dopo i fatti di Piazza Statuto, che
segnano la fine della scissione sindacale e l'inizio del cammino per
una nuova unità sindacale. Segni sarà costretto alle dimissioni, la
motivazione ufficiale " stato di salute".
Ma la Carta Costituzionale continuerà a rimanere disattesa in molti
altri punti, come quello inerente il decentramento: le Regioni
saranno istituite solo nel 1970, 22 anni dopo l'entrata in vigore
formale della Costituzione e sotto il possente movimento di lotta
dell' " autunno caldo" e poi con le Regioni, la costituzione dei
Consigli Circoscrizionali.

Dalla metà degli anni Ottanta è iniziata una nuova fase di
attacco alla Costituzione, culminata poi nelle modifiche oggetto
dell'attuale referendum abrogativo del 25 e 26. giugno. 2006.
E' iniziata una lunga e ben articolata offensiva sul piano teorico
che andava sotto il nome di " revisionismo storico", tendente a
mistificare, calunniare, negare la Resistenza e mettere sullo
stesso piano i partigiani ed i fascisti di Salò. E' stata
un'escalation fino ad arrivare a consentire a formazione
dichiaratamente fasciste e con simboli fascisti e nazisti e con
teorie apertamente razziste, antiebraiche e negazioniste, ossia
negazione dello sterminio di ebrei, negazione dell'olocausto, di
ricostituirsi e di essere presenti in campagne elettorali, in totale
disprezzo della Carta Costituzionale, sfacciatamente proseguita con
il taglio di fondi all'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia,
ANPI.: il punto di arrivo di tale escalation è la modifica
reazionaria alla Carta Costituzionale avvenuta a colpi di
maggioranza ed in disprezzo totale alla coscienza nazionale.
L'obiettivo che allora si voleva conseguire con il " revisionismo
storico" il riciclaggio di formazioni fasciste e l'attacco alla
Resistenza era allora la liquidazione, ancora una volta, della
Costituzione, come si era perseguito nel periodo 1948-1962.
La battaglia reale in atto è allora attorno alla Resistenza.
La battaglia reale in atto è allora la difesa della Resistenza.

La Resistenza.
Ha perfettamente ragione sul piano scientifico e storico il
Presidente della Repubblica, e con lui i due Presidenti della Camera
e del Senato della Repubblica, quando indica nella Resistenza la
base dell'unità nazionale, la base della coscienza civile della
nazione italiana, le radici profonde dell'identità nazionale.

La lotta risorgimentale ( 1789 – 1860 ), ossia la lotta
della classe borghese italiana per la conquista del potere e lo
sviluppo dei rapporti di produzione capitalistici in Italia, è stata
sostanzialmente una lotta d'elite . Una lotta ove la direzione
moderata cavouriana aveva per obiettivo di non attuare la riforma
agraria e quindi la ripartizione delle terre e del latifondo
nobiliare-feudale e quindi non perseguiva in alcun modo l'obiettivo
di coinvolgere il popolo nella lotta risorgimentale ed intendeva,
invece, perseguire tale obiettivo tramite alleanze internazionali ed
eserciti regolari. Una tale strategia aveva per obiettivo quello di
perseguire un'alleanza con la classe nobiliare-feudale. Cavour e la
direzione moderata perseguitano quindi i rivoluzionari e lavorano
per demoralizzare, abbattere, sconfiggere, neutralizzare le forze
patriottiche e popolari che accorrevano nella lotta per l'unità
d'Italia e per la cacciata dello straniero dall'Italia.
Un tale programma non poteva costituire momento di unità all'intero
processo, escludeva i contadini che costituivano oltre l'80% della
popolazione e non poteva costituire, come non costituì, coscienza
nazionale, momento e tradizione storici italiani. Costituì, invece,
una nuova, altra, stratificazione ma senza la coscienza nazionale.
Sorge quindi in sostanziale ostilità del popolo, che l'accettò come
dato di fatto, ma non costituì coscienza, cultura, tradizione né
progresso civile, sociale, umano, culturale, democratico.
E fu proprio il processo democratico il primo, la partecipazione
popolare ad essere perseguitati e contro cui la direzione moderata
cavouriana si mosse in maniera ferrea e spietata.
Per una disamina più attenta rimandiamo ai lavori dell'Istituto in
merito.
Basta qui annotare come nel corso della 1a guerra d'indipendenza,
1848-1849, nella battaglia di Novara, 1849, la cui sconfitta
comportò l'abdicazione di Alberto di Savoia, la direzione moderata
preferì perdere la battaglia e la guerra anziché far scendere in
campo 10mila patrioti, freschi non ancora entrati in battaglia, che
avrebbero capovolto le sorti della battaglia, appunto per non
mobilitare le forze patriottiche. Sorte peggiore toccò a Cattaneo ed
alle forze militari a lui legate, le " camicie verdi", schernite,
derise, a cui vennero fatti venire meno armi, munizioni,
vettovagliamento: cibi, divise, collegamenti logistici ed utilizzati
in azioni disperate al fine di farli massacrare dal nemico e così
liberarsi di una tale presenza decisamente eversiva .
Non diversamente nel corso della " Spedizione dei Mille" , quando
Garibaldi represse nel sangue i movimenti contadini che chiedevano
la terra e lo scioglimento dei latifondi nobiliari-feudali, che pure
era stato loro promesso.. Sono noti gli eccidi di Bronte e
dell'intera zona da Bixio operati, ma da Garibaldi ordinati.
Colpi di mano e lacerazioni profonde avvennero anche con i patrioti
e le popolazioni delle Marche, della Toscana, dell'Emilia, della
Romagna come attestano gli atti parlamentari, giacché Cavour e
Vittorio Emanuele II vennero subito meno agli accordi stipulati
nell'inverno del 1859 a Torino con tutti i patrioti italiani circa
il futuro assetto dell'Italia unita.
Un processo nella sostanza, come si vede, ostile al popolo italiano
ed ai patrioti, che nella sostanza non si identificarono e ben
presto se ne allontanarono. Un processo questo che non costituì
coscienza nazionale e non costituì cultura,se non quell'ibrido
culturale provinciale gretto e miserrimo della cultura italiana
dell'epoca sabauda, 1860-1943. Una cultura che tagliava con le
grandi correnti di pensiero europee e statunitensi.
La borghesia italiana stessa non crebbe politicamente e
culturalmente e non produsse una teoria politica italiana e quindi
non formò suoi quadri, inchiodandosi alla sua natura bottegaia,
senza produrre un corpo di quadri della classe in grado di ragionare
al di fuori del cassetto della bottega, finendo così per affidarsi
ai quadri nobiliari-feudali ed ai quadri della chiesa, perdendo da
subito qualsiasi egemonia politica, morale, civile e culturale,
disperdendo così il grande patrimonio scientifico e letterario
italiano dei secoli precedenti.
Lo Statuto Albertino fu così imposto dall'alto al popolo italiano e
così estraneo alla sua trazione storica ed alla sua coscienza
storica e civile. E sul piano generale ne risultò bloccata la
crescita civile, democratica, sociale del popolo italiano, ma una
borghesia bottegaia poteva esercitare egemonia solo in tali
condizioni e tutta la sua azione futura sarà costantemente segnata
dall'obiettivo di restaurare quelle condizioni e quell'Italia.
Ma poi lo stesso sviluppo economico sarà asfittico, accattone,
travolto dopo neppure venti anni dall'unità da scandali bancari e
truffe in un intreccio perverso con la mafia e la camorra, garanti
dell'ordine e della proprietà latifondista dei baroni e della chiesa
cattolica.
Questa Italia, queste condizioni sostanziali furono, sono e saranno,
l'Italia e le condizioni a cui la borghesia bottegai italiana
aspirerà. Ed infatti dinanzi all'offensiva operaia del biennio
rosso, 1919-1920 la borghesia tramite il fascismo restaura con la
violenza quelle condizioni e quell'Italia.
Federico Engels ha ben fermato questi tratti peculiari italiani,
nella sua lettera a Turati del 26. gennaio. 1894 scrive in maniera
implacabile:
" La situazione italiana, a mio parere è questa.
La borghesia, giunta al potere durante e dopo l'emancipazione
nazionale, non seppe né volle completare la sua vittoria. Non ha
distrutto i residui di feudalità, né ha riorganizzato la produzione
nazionale sul modello borghese moderno. Incapace di far partecipare
il paese ai relativi e temporanei vantaggi del regime capitalista,
essa gliene impose tutti i carichi, tutti gli inconvenienti. Non
contenta di ciò, perdette per sempre in ignobili bindolerie
bancarie, quel che le restava di rispettabilità e di credito.
Il popolo lavoratore – contadini, artigiani, operai: agricoltori e
industriali – si trova dunque schiacciato, da una parte da antichi
abusi, retaggio non solo dei tempi feudali, ma benanche
dell'antichità
( mezzadri, latifundia del mezzodì, ove il bestiame surroga
l'uomo ): dall'altra parte, dalla più vorace fiscalità che mai
sistema borghese abbia mai inventato.".

La Resistenza
La Resistenza vede, invece, la partecipazione diretta di tutto
il popolo italiano: operai, contadini, artigiani, impiegati,
intellettuali a tutti i livelli. La Resistenza non fu solamente i
partigiani, fu invece l'intero popolo italiano che a vari gradi e
livelli partecipava alla lotta armata contro il nazifascismo e che
costituiva, al tempo stesso, la riserva da cui venivano nuovi e
sempre più numerosi partigiani; non fu solo la Resistenza nelle
campagne e sui monti, ma anche nelle città, nei luoghi di lavoro .
Il periodo 1943-1946 vide un dibattito alto sui problemi del Paese
ed il futuro assetto dell'Italia ed una partecipazione democratica
ai processi decisionali vasta e multiforme. Costituì una sintesi tra
le tre grandi componenti storiche della cultura e della coscienza
italiane: la comunista, la repubblicana-socialista-liberale e la
cattolica.
Questa lotta forma una nuova generazione, dal suo seno scaturisce
una nuova cultura, una nuova concezione della vita, del rapporto tra
gli uomini, della società, una nuova concezione di diritto,
uguaglianza, pace, fratellanza, giustizia, democrazia che andava
oltre la lettura giuridico-formale per approdare ad una concezione
unitaria che investiva i campi dell'economia, della politica, della
società e quindi approda ad una concezione della democrazia
economica, politica, sociale e così ad una concezione
dell'uguaglianza economica, politica, sociale e così una giustizia
economica, politica, sociale, ecc. L'articolo 11 costituisce una
sintesi magistrale di questo nuovo approdo: " L'Italia ripudia la
guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzioni delle controversie internazionali;
[ ..]." Vi è qui la liquidazione, e senza appello, di tutta la
retorica patriottarda, di tutta la teoria, la concezione e la
pratica del nazionalismo, dello " spazio vitale", e l'affermazione
del principio supremo dell'uguaglianza di tutti i popoli e della
fratellanza tra tutti i popoli.
Rompe con gli schemi gretti del provincialismo della cultura
italiana, giungono così a maturazione processi ed istanze che fino
ad allora erano stati repressi dal compromesso della direzione
moderata e dal regime sabaudo, 1860-1943, e che ora prorompe.
Basta pensare a tutta la stagione culturale post 1945, la rivista "
Il Politecnico", il neorealismo, ecc.
Questo costituirà coscienza e memoria storica e civile del popolo
italiano.
La Resistenza è veramente il primo momento unitario nell'intera
storia plurisecolare del popolo italiano, diviso per secoli in
staterelli regionali.
E' l'unità d'Italia raggiunta, che è unità nelle e delle coscienze.

La borghesia italiana, nel periodo della Resistenza, è intenta a
fare quattrini con gli anglo americani nel sud del Paese e con i
nazisti al centro-nord. Salò e Mussolini a Salò altro non sono che
la
rappresentanza commerciale della borghesia italiana presso il
comando tedesco a garanzia delle commesse tedesche, e soprattutto il
pagamento di queste, alla borghesia italiana; squadre di vigilantes
personali della borghesia italiana contro i lavoratori atte a
garantire l'ordine e la disciplina del capitale italiano nelle
fabbriche di quella zona. La partecipazione fascista alla
repressione del movimento partigiano era funzionale a quest'ordine
del capitale nelle fabbriche, garanzia e servizio reso ai tedeschi
per le commesse ed il pagamento di queste.
Sarà, la Resistenza, un processo che non la toccherà, la vivrà
estraneo da essa, altro da essa:
la bottegaia guardava al suo " particulare" quotidiano.
Non la guiderà e non ne sarà in qualche modo punto di riferimento,
orientamento.
La Resistenza non costituisce, nemmeno questa volta, momento di
crescita e di formazione civile e culturale, resterà la bottegaia di
sempre.
Non cresce politicamente e culturalmente, autoinchiodandosi ancora
una volta ai quadri vaticani ed a quelli della tradizione nobiliare-
feudale, confluiti ora nel crocianesimo.

La Resistenza acuisce, così, il distacco già abissale tra il popolo
e la borghesia, fissandone in maniera incontrovertibile le
rispettive ostilità e diffidenze. La borghesia si opporrà allora
alla Resistenza ed alla Costituzione, alla cui elaborazione e
stesura non parteciperà e che dovrà subire, non solo perché
esprimono momenti centrali di opposizione al suo dominio, ma
soprattutto perché estranei ad essa, altro da essa, perché
delineavano un'Italia e delle condizioni diverse da quelle entro le
quali essa riesce ad esprimersi.
La cartina al tornasole di questa povertà della borghesia, della
sua natura bottegaia, estranea alla società civile, istituzionale,
culturale e morale è proprio ed esattamente Berlusconi ed il
Berlusconismo di questo ventennio, 1986-2006, che il risultato
elettorale dell'aprile 2006 ne sancisce la fine. Berlusconi, ed il
suo progetto: il berlusconismo, nascono dentro la Confindustria.
E' la borghesia che ha voluto fare da sé e facendo da sé si è
impietosamente messa alla berlina, evidenziando tutti i suoi limiti,
tutta la sua natura bottegaia, volgare e miserrima.
Nel 1984 Berlusconi è del direttivo della Confindustria e quando ne
uscirà, ne uscirà per dare vita al progetto politico denominato "
Forza Italia" e per l'intero ventennio troverà nella Confindustria
sostegno aperto e senza appello a tutti i livelli. Quando nel marzo
2006 viene scaricato è già finito da un pezzo, ma dopo aver tentato,
da parte della Confindustria, tutte le strade per salvarlo e
rimetterlo in piedi.
Al di là del giudizio politico, è evidente tutta la povertà
culturale di questa forza politica e dei suoi quadri, una totale
assenza di una qualsiasi concezione dello Stato, della società
civile, intesa, e compresa, unicamente come " azienda", i cui valori
sono l'individualismo esasperato, una concezione corrotta della
politica intesa come affarismo e lo Stato come strumento personale
di arricchimento e di protezione: vedi le leggi ad personam, il
rientro dei capitali dall'estero, il falso in bilancio, ecc.
Mediaset con i suoi programmi televisivi e la massa di quotidiani e
riviste di cui è proprietaria è manifesto evidente di tutta la
povertà culturale, la piccineria intellettuale, incapace di produrre
cultura, di fare cultura, di formare una coscienza tutta schiacciata
sulla notizia show, la cultura spettacolo, l'uomo, la sua vita, le
sue vicissitudini come spettacolo, come " audience". La produzione
culturale italiana è precipitata al pettegolezzo ed all'inciucio,
non vi è stato in questo periodo una produzione culturale editoriale
di un qualche rilievo eppure le maggiori case editrici erano, e sono
nelle mani di Berlusconi: Mondatori, Einaudi, ed altre; non
diversamente la produzione cinematografica ed artistica: un
ventennio buio, un ventennio della miseria e della piccineria
culturale e soprattutto della volgarità ed oscenità culturale; il
sonno della ragione.
La borghesia, allora, condurrà sempre in tutte le condizioni, e
nelle forme diverse che le condizioni le impongono, una lotta
accanita, spietata, violenta, sanguinaria, legale ed illegale contro
la Costituzione per il suo abbattimento e per la restaurazione di
quelle condizioni e di quella Italia; in uno dello Statuto
albertino, la cui piccineria e grettezza l'esprime appieno ed in cui
si riconosce e si realizza e realizza la sua egemonia.

La Costituzione, la sua difesa sono affidate unicamente
nelle mani del popolo lavoratore, che trae da essa la fonte della
sua piena identità nazionale, base e fonte di tutti i suoi sviluppi
futuri.









La Costituzione
La Costituzione Italiana costituisce una innovazione
profonda nel campo costituzionale.
Essa è diversa nella forma e nel contenuto da tutte le altre
costituzioni, costituendone un punto avanzato in dottrina e sul
piano sociale e culturale. L'innovazione forte è determinata dal
fatto che mentre tutte le altre costituzioni leggono e legiferano
attorno al cittadino in sé, il civis, la Costituzione Italiana legge
la complessità e multilateralità del cittadino, la multilateralità
del civis. Le altre costituzioni si limitano, così, ad indicare e
garantire i diritti individuali del civis, ma senza preoccuparsi poi
di garantirne al civis le possibilità reali, materiali, della
attuazione ed usufruizione di tali.
La Costituzione Italiana raccoglie cioè il poderoso dibattito
apertosi già sul finire del 1700, con la rivoluzione francese e la
Costituzione del 1793, circa le intenzioni proclamate e le reali
possibilità di usufrutto. Il dibattito teorico approdava, così, alla
teoria della fictio juris che poneva al centro esattamente tale
disparità tra la proclamazione dei Diritti Universali e la concreta
possibilità di usufrutto da parte di tutti i cittadini.
Il dibattito costituì, così, una critica alle teorie politiche e
giuridiche a cui la Dottrina Politica era pur giunta, attraverso un
lungo e tormentato processo di critica alla teoria politica feudale
del suddito a cui contrapponeva, appunto, il civis; dell'uomo che in
quanto civis è portatore di diritto e di doveri inalienabili,
dibattito che era parte del più complessivo processo rivoluzionario
protrattosi per circa 3secoli ( 1550- 1793 ). La Costituzione
Italiana, spostandone in avanti gli orizzonti, fermava l'attenzione
sulla complessità dell'uomo, non riconducibile unicamente allo
status del civis; ne sottolineava il sostanziale impoverimento
dell'uomo, del civis e spingeva per un'altra concezione dell'uomo,
un nuovo ed altro umanesimo. Il dibattito si configurava, così, come
continuità dell'intera tematica, facendola transitare dall'umanesimo
del civis, all'umanesimo sociale.
Giunge, così, la Costituzione Italiana alla formulazione degli
articoli 1 e 2.
Articolo 1: " L'Italia è una repubblica democratica fondata sul
lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la
esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione."
Con l'aver posto al centro " lavoro", la Costituzione Italiana ha
voluto porre al centro l'uomo nel suo divenire uomo, il lavoro
inteso come emancipazione e progresso, artefice principe di tutti i
progressi materiali e spirituali, civili, sociali, culturali,
istituzionali.
Ovviamente la piccineria italiota vi ha letto " il lavoro
quindi operaio, quindi ….!!
Ma non solo " lavoro" è posto al centro ma viene introdotta
un'importante distinzione, che raccoglie il poderoso dibattito
svoltosi già a partire dalla fine del Settecento tra monarchia e
repubblica, distinguendo le varie forme della monarchia:
costituzionale, assoluta, ma lasciando il termine " Repubblica"
nell'indifferenza e non coniugando l'opposizione Monarchia –
Repubblica con Democrazia, con la partecipazione democratica del
popolo al processo decisionale e le forme e le strutture e le
istituzioni; come se, cioè, fosse indifferente la forma rispetto
alla sostanza; come se fosse indifferente la forma: Repubblica o
Monarchia nella definizione ed estrinsecazione del civis, che anche
nella monarchia costituzionale continuava ad essere suddito e non
civis.
Approda così la Costituzione Italiana alla definizione di "
Repubblica democratica" e con tale distinzione afferma il principio
teorico centrale che la forma "Repubblica" non è di per sé garante
di democrazia e che essa è involucro che va poi riempito di ben
precisi, esatti, contenuti che la identifichino come forma superiore
della Monarchia nella partecipazione, forma reale in grado di
consentire l'esercizio della sovranità al popolo e quindi la
possibilità che la " repubblica" possa essere oltre che democratica,
anche autoritaria, elitaria, ecc.
Articolo 2: " La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo, sia come singolo
sia nelle formazioni sociali ove si svolge la
sua personalità e richiede l'adempimento
dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale.".
L'articolo 2 recepisce appieno l'articolo 1 e lo esplicita,
definendo l'uomo nella sua multilateralità. Estende, allora, i
diritti dell'uomo sia come singolo – recependo ed inglobando le
precedenti acquisizioni teoriche e politiche frutto del processo
rivoluzionario di circa 3 secoli – e sia come " societas", recependo
lo sviluppo ulteriore del dibattito circa la fictio juris.
" sia come singolo sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalità"
" richiede l'adempimento dei doveri inderogabili
di solidarietà politica, economica e sociale".
Giunge qui a conclusione, sul piano della teoria politica tutto
l'elaborato teorico che si era sviluppato a partire dal Aristotele,
filosofo del IV secolo prima dell'era volgare, e che ha costituito,
poi, la base di tutta la teoria politica successiva. Aristotele
definiva l'uomo " animale sociale": " l'uomo per sua natura è
un'animale sociale", ossia che vive in società. Tutta la produzione
teorica si era fermata sull'uomo, ma solo con la Carta
Costituzionale Italiana si arriva alla piena e totale soddisfazione
dell'elaborato aristotelico, configurandosi, così, la Costituzione
Italiana come momento più avanzato del dibattito teorico, momento
più alto a cui la Dottrina Politica viene portata, fondandola
saldamente sull'impianto aristoteliano dell'uomo nel suo rapporto
con la società, dell'uomo in quanto socialità; tratto che, invece,
era stato, sino ad allora, o sottaciuto o posto in ombra e che qui
adesso nella Costituzione Italiana acquisisce tutta la sua
centralità e vis, potenza, dirompente.
Questi due articoli costituiscono i pilastri, le pietre miliari
attorno ai quali si costruisce l'intera intelaiatura della
Costituzione. I restanti 137 articoli si dipanano esattamente da
qui. Essi esplicitano, regolamentano i modi, le forme le istituzioni
in cui, e tramite cui, questi due articoli, i due pilastri, devono
trovare, e trovano, affermazione, attuazione, sviluppo e legittimità
sostanziale.
E quindi l'intera intelaiatura, gli equilibri tra i tre poteri:
legislativo, esecutivo e giudiziario, tra le varie parti dello
Stato: centro-periferia, Parlamento: Camera dei Deputati e Senato
della Repubblica, Regioni, Province, Comuni sono configurati dentro
le coordinate dettate dagli articoli 1 e 2.
Le modifiche costituzionali introdotte attaccano violentemente
proprio ed esattamente questo equilibrio dell'intero sistema.
La " devolution" per esempio è in aperto contrasto con l'articolo 2.
Essa ripropone la vecchia concezione del singolo civis, corpo
estraneo allo Stato ed alla comunità, verso cui ha solo obblighi e
nessuno la comunitas verso di lui, ecc. ecc. ecc.
Le modifiche inerenti il Capo dello Stato ed il Presidente del
Consiglio alterano il rapporto tra le istituzioni e costituiscono un
assurdo teorico e giuridico, giacché delineano nella sostanza una
repubblica presidenziale, ma qui il riferimento presidenziale è al
Presidente del Consiglio e non al Presidente della Repubblica, come
invece va inteso il termine di " Repubblica presidenziale", e quanto
proposto non è l'ordinamento costituzionale statunitense e nemmeno
quello francese e di questi non ne introduce i correttivi, che
invece, in quelle costituzioni sono introdotti per il riequilibrio
dei poteri.
Mostrano così i proponenti la più totale, assoluta, incapacità di
intendere cosa sia lo Stato, la società civile ed il rapporto Stato-
società civile, finendo in sostanza per raccattare la peggiore
propaganda demagogico-populista sul burocratismo.

La Costituzione Italiana presenta una terza e fondamentale
innovazione, rispetto a tutte le altre Costituzioni fin qui avutesi.
La Costituzione Italiana, a differenza di tutte le altre, che sono
chiuse, definiscono cioè qui ed ora e per sempre uno status
costituzionalistico, quella italiana invece si configura in maniera
netta ed inequivocabile come
Costituzione di Programma, o Costituzione-Programma.
Essa presenta una struttura ed una articolazione tale che prospetta,
indica, traccia, le vie da seguire nell'evoluzione dei tempi.
Prevede, infatti, una serie di istituti e rapporti tali da
consentire alla legislazione ordinaria di adeguarsi con dinamicità
ai tempi che cambiano, pur restando saldamente nel solco della
carta costituzionale. Ed in realtà, più ci si muove nell'alveo
costituzionale e più si è in grado di adeguare le leggi dello Stato
alle innovazioni. Delinea gli scenari futuri possibili e gli
strumenti per tali scenari dell'evoluzione della società italiana.
Essa è la prima Costituzione nel suo genere.
Il tema sarà occasione di particolare attenzione dell'Istituto
allorquando si discuterà di nuove ed eventuali modifiche
costituzionali. Qui interessa fermare questo dato che costituisce un
contributo importante all'intera Dottrina Politica e sposta in
avanti l'intera teorica costituzionalistica.

Nessun commento: