venerdì, gennaio 26, 2007

Giorgio Cremaschi a Cagliari

COMUNICATO STAMPA

Giorgio Cremaschi a Cagliari all’assemblea regionale della rete 28 aprile nella CGIL

Mercoledì 31 gennaio, con inizio alle 17.30, si terrà presso la Camera del Lavoro di Cagliari, in viale Monastir 17, l’assemblea regionale della Rete 28 aprile, area di sinistra della CGIL. All’assemblea parteciperà Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della FIOM, il sindacato dei metalmeccanici, e leader nazionale della rete.

La Rete 28 aprile è un’area regolarmente costituita all’interno della CGIL. La sua missione è evitare che il più grande sindacato dei lavoratori perda la sua capacità rappresentativa a causa della sindrome da governo amico. Lo scippo del TFR, la lotta contro ogni forma di precariato e per una reale democrazia sindacale saranno al centro degli interventi dell’assemblea. Si discuterà anche di come e perché è necessario aumentare le pensioni e i salari. La reintroduzione della scala mobile è un altro dei punti programmatici della Rete 28 aprile.

Giorgio Cremaschi, bolognese, segretario nazionale della FIOM, ha alle sue spalle una pluridecennale esperienza sindacale, che l’ha portato ad essere uno dei dirigenti sindacali più amati dalla classe operaia. All’ultimo congresso nazionale del PRC era indicato come uno dei possibili sostituti di Fausto Bertinotti. Ha preferito continuare a militare nel sindacato. Il suo compito oggi è evitare la deriva concertativa della CGIL, la quale, favorita da un quadro politico “amico”, sta perdendo il suo ruolo di organismo di massa che lotta per il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori.

Interrogazione sulla vendita dei siti minerari

Senato della Repubblica
Legislatura 15 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-01073
Pubblicato il 23 gennaio 2007
Seduta n. 92


TOMMASO SODANO , GIOVANNI CONFALONIERI
Ai Ministri per i beni e le attività culturali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. -

Risultando agli interroganti che:

il 18 luglio 2005, il Presidente della Regione Sardegna, Renato Soru, e l’Assessore regionale all’urbanistica, Gianvalerio Sanna, hanno utilizzato, a quanto consta, un elicottero dei Carabinieri per sorvolare l’area mineraria del Sulcis Iglesiente, insieme ad una serie di persone non autorizzate a salire sul velivolo, tra cui Carlo Puri Negri, amministratore della Pirelli Real Estate e Giorgio Magnoni, vicepresidente della Sopaf, finanziaria milanese con importanti partecipazioni;

le circostanze del volo ed il fatto che al posto dei funzionari autorizzati si fossero imbarcate altre persone non autorizzate hanno sollevato un vespaio di polemiche, tanto che la Procura militare di Cagliari ha deciso di aprire un’inchiesta, poi archiviata, in cui si ipotizzava il reato di “imbarco abusivo di passeggeri a bordo di velivolo militare”;

il 26 aprile 2006 la Regione Sardegna, con deliberazione n. 17/9, ha emesso un “Bando di gara per la cessione, riqualificazione e trasformazione di ambiti di particolare interesse paesaggistico del Parco Geominerario della Sardegna”, nel quale vengono messe in vendita l'area di “Masua e Monte Agruxau, dalla superficie territoriale di circa 318 ettari” e l'area di “Ingurtosu, Pitzinurri e Naracauli”, di circa 329 ettari, al prezzo rispettivamente di “32.520.000 euro e di 11.000.000 di euro” al fine di costruire: “strutture alberghiere ricettive con annessi centri benessere, strutture sportive e per il golf”. La scadenza del bando, per la manifestazione di interesse, era stata fissata per il 3 luglio 2006. Tuttavia, a tutt’oggi, ancora non si conoscono ufficialmente gli esiti di questa gara;
il soggetto proprietario delle aree messe in vendita è la IGEA S.p.A., società controllata dall’EMSA (Ente minerario sardo) il cui patrimonio è, in forza della legge regionale di scioglimento, interamente attribuito alla Regione (articoli 7 ed 8 della legge regionale 33/1998), mentre è stata la Regione ad indire l’asta senza accertare preventivamente l’insussistenza di eventuali vincoli culturali sulle zone da vendere;

le aree messe in vendita rappresentano uno dei più interessanti esempi di archeologia mineraria in un contesto naturale, paesaggistico e storico-culturale di primaria importanza. Il compendio di Masua – Monte Agruxau è tutelato con vincolo paesaggistico (decreto legislativo 42/2004) ed è classificato quale sito di importanza comunitaria (S.I.C.) “Costa di Nebida”, ai sensi della direttiva “Habitat” (n. 92/43/CEE), così come è tutelato con vincolo paesaggistico il compendio di Ingurtosu – Pitzinurri – Naracauli, rientrando nella Riserva naturale regionale “Monte Arcuentu – Rio Piscinas” (legge regionale 31/1989 – allegato “A”). Anch’esso è classificato quale S.I.C. “Monte Arcuentu e Rio Piscinas”, ed è contiguo all’altro S.I.C. “Da Piscinas a Riu Scivu”;

il 30 settembre 1998, alla presenza dei rappresentanti dell’UNESCO (Maurizio Taccarino), del Governo italiano (Edo Ronchi), della Regione autonoma della Sardegna (Federico Palomba), della Commissione nazionale Italiana Unesco (Tullia Carettoni), dell’Ente minerario sardo (Giampiero Pinna), dell’Università di Cagliari (Pasquale Mistretta) e dell’Università di Sassari (Alessandro Maida) è stata sottoscritta la cosiddetta “Carta di Cagliari” e con essa i sottoscrittori hanno preso atto che nelle stesse aree “è presente un immenso patrimonio immobiliare di grande valore sotto il profilo architettonico e dell’archeologia industriale inserito in contesti ambientali e paesaggistici di particolare bellezza e spettacolarità”, decretando che “i territori del Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna sono riconosciuti di rilevante interesse internazionale, nazionale e regionale in quanto portatori di valori di carattere universale” e stabilendo che fossero “da salvaguardare e tutelare i valori presenti nel territorio del Parco;

i compendi minerari in argomento oltre ad esser stati riconosciuti Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, rientrano entrambi nel Parco geominerario storico ed ambientale della Sardegna, istituito ai sensi dell’art. 114, comma 10, della legge 388/2000 con il decreto ministeriale 16 ottobre 2001 che, all’art. 3, definisce incompatibili con i relativi obiettivi di tutela “qualsiasi mutamento dell’utilizzazione dei terreni e quant’altro possa incidere sulla morfologia del territorio e sugli equilibri paesaggistici, ambientali, ecologici, idraulici, idrogeotermici e geominerari” (lettera a)) nonché “l’esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti ad esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria e di restauro e di risanamento conservativo” (lettera c));

si tratta di un ecosistema fragilissimo già messo a dura prova da un disordinato e crescente impatto turistico, dall'elevata domanda imprenditoriale di trasformazione delle zone costiere e dai fenomeni di inquinamento derivante dalle miniere dismesse, con estese superfici coperte da detriti e fanghi, e i principali corsi d’acqua (Rio Piscinas, Rio Irvi e Rio Naracauli) contaminati da zinco, cadmio, piombo e altri metalli pesanti. Tutto questo a pochi passi da Piscinas, il più vasto complesso dunale d'Europa e dell'intero bacino del Mediterraneo, estremamente fragile e ad alto rischio di degrado ambientale;

l'alto valore di biodiversità delle specie vegetali e delle formazioni vegetali conferisce a questi siti rilevanti qualità ambientali, di interesse europeo. Nella zona è stato poi avviato il progetto LIFE-Natura “Dune di Piscinas – Monte Arcuentu” per la tutela e conservazione di alcune specie locali quali il cervo sardo o l’aquila reale, nonché la vegetazione a macchia mediterranea con le caratteristiche piante di ginepro,

si chiede di sapere:

se la procedura di cessione dei beni non vada considerata nulla, essendo stata omessa la preliminare verifica di legge dell’interesse culturale da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, prescritta dal decreto legislativo 42/2004 (cosiddetto Codice Urbani) per procedere alla vendita di beni demaniali, nonché per omessa richiesta di alienazione dei beni in questione alla Direzione regionale del Ministero da parte dell’IGEA;

se il tentativo della Regione di sanare il vizio di legittimità dell’atto per omessa verifica dell’interesse culturale mediante un tardivo avvio della procedura di verifica (iniziata solamente ai primi di novembre, ovvero dopo oltre sei mesi dalla presentazione del bando di gara, deliberazione n.17/9 del 26 aprile 2006) non debba ritenersi insufficiente;

se non sussistano i requisiti necessari per qualificare, in tutto o in parte, i territori del Parco geominerario come “siti minerari di interesse storico od etnoantropologico” e quindi sottoporli alla tutela del decreto legislativo 42/2004 in quanto “beni culturali” ai sensi dell’articolo 10, comma 1 e comma 4, lettera h) del codice stesso;

se non si ritenga necessario sospendere con la massima urgenza il procedimento di gara per la cessione dei compendi di Masua-Monte Agruxau e Ingurtosu-Naracauli-Pitzinurri, non potendosi mettere in vendita beni che abbisognano della preventiva valutazione dell’interesse culturale, carenza che potrebbe portare alla nullità di ogni qualsivoglia alienazione;

se il contratto del 1998 con cui vennero acquistati dalla IGEA S.p.A. i fabbricati e le aree oggi messi in vendita, nel quale la Regione rinunciava ad esigere “il ripristino, il risanamento e il riassetto, anche ambientale” dalla società venditrice (la SNAM, del gruppo ENI) assumendosene l'onere, per poi, “terminati i lavori di riabilitazione e recupero”, trasferirli “gratuitamente agli Enti Locali interessati” non sia stato indebitamente dimenticato;

se non sia illegittimo il fatto che il bando precluda ogni possibilità di iniziativa da parte del Parco geominerario storico e ambientale della Sardegna, in cui ricadono detti beni, sottraendoli ai compiti di valorizzazione sociali e statutari previsti per questo organismo;

se la partecipazione del Direttore generale del Parco all’organismo di valutazione prevista dal bando non risulti insufficiente a conformarsi al dettato normativo, che attribuisce ai componenti degli organi direttivi del Parco il compito di “assicurare la conservazione e valutazione del patrimonio tecnico, scientifico, storico-culturale ed ambientale dei siti e dei beni ricompresi nel territorio” (decreto istitutivo del Parco risalente al 16 ottobre 2001);

se non si ritenga necessario verificare l’opportunità e le modalità della scelta della Regione di curare a proprie spese la bonifica e la messa in sicurezza dei siti minerari dismessi e destinati ad una valorizzazione turistica, senza prevedere di affidare tale compito ai privati aggiudicatari dei beni;

come si intenda rispondere alle legittime aspettative dei minatori in pensione, le cui abitazioni sono state messe in vendita nel bando della Regione (deliberazione n. 17/9 del 26 aprile 2006), con conseguente sfratto e negazione delle loro aspettative ad acquistare le case in cui vivono da più di trent’anni.

giovedì, gennaio 25, 2007

Salta il patto di stabilità del Comune di Cagliari

Comunicato stampa de “L’Ulivo” del 24 gennaio 2007

Salta il patto di stabilità del Comune di Cagliari

Un grave fatto politico per la città: vogliamo chiarezza

Mancano i controlli a Cagliari? Il Sindaco e la sua giunta si assumano le proprie responsabilità e chiariscano nel dettaglio perché nessuno abbia verificato i dati contabili.

“E’ stato un errore umano, c’è la dichiarazione del funzionario che rassegna le dimissioni” sono queste le dichiarazioni della Giunta Floris inerenti lo sforamento del patto di stabilità del nostro Comune.

Il nostro senso di responsabilità ci impedisce di fare retorica sulla questione, non vogliamo strumentalizzare una situazione grave per tutti i Cagliaritani; né noi vogliamo minimamente gettare la croce sul singolo funzionario, mostrandolo come il responsabile del tutto. Non vogliamo che essa sia il capro espiatorio di una macchina amministrativa con evidenti falle.

Il sindaco non può liquidare la questione solo come un mero errore tecnico.

Non ci soffermeremo per adesso sui possibili gravi effetti (come ad esempio il precariato) sperando che grazie alle sagge politiche del centrosinistra nazionale e regionale possano essere evitati.

La domanda che ci facciamo insieme alla Città è: come mai nessuno si è accorto di nulla? Dove erano tutti coloro, politici o di nomina politica e non, deputati alla verifica e al controllo? Ci sembra che la troppa contiguità politica tra strutture dirigenziali ed organi politici non garantisca quella che dovrebbe essere la “normale” attività di controllo.

Non è accettabile che in un Comune ed in una moderna amministrazione non esista un sistema di controlli incrociati che permetta di rilevare quelli che vengono chiamati errori umani.

Chiediamo per questo che il Sindaco riferisca in aula non su come l’errore tecnico sia maturato, ma come sia possibile che per esempio le procedure non prevedano controlli incrociati.

E’ questo il nodo politico vero: un’amministrazione che voglia dimostrarsi moderna deve dare gambe e rinforzare tutti i servizi di controllo, interni ed esterni.

Da anni chiediamo che tutti i dati di bilancio siano accessibili ai consiglieri comunali, trasparenti, leggibili, anche per via informatica o il rafforzamento dell’ufficio di controllo di gestione interna. Tutte strutture che devono essere autonome dal potere politico che governa.

In Commissione Finanze chiediamo spesso documentazione che non ci viene quasi mai consegnata, due mesi fa abbiamo chiesto proprio la situazione di Cassa, che pare essere il motivo del mancato rispetto del Patto.

Attenzione: queste cose riguardano il benessere dei cagliaritani e lo sviluppo della città, non sono una una questione formale.

Per questo, Sindaco, riferisci in aula, dicci chi doveva controllare. Vogliamo saperlo, lo vogliono sapere tutti i cagliaritani.

Per il Gruppo consiliare de “l’Ulivo”

Il Capogruppo

Marco Espa

giovedì, gennaio 18, 2007

Acqua pubblica, ci metto la firma!


Una Legge d’iniziativa popolare per ri-pubblicizzare l’acqua, bene comune: inizia la raccolta firme per superare la Legge “Galli”. Per sei mesi “banchetti” nelle piazze in tutta Italia.

Cinquantamila firme: tante ne servono per far arrivare in Parlamento una proposta di Legge d’iniziativa popolare per la ri-pubblicizzazione dell’acqua. Un obiettivo possibile per il movimento italiano per “l’acqua pubblica”: 55 tra associazioni e organizzazioni nazionali, tra cui Mani Tese, e oltre duecento comitati locali, che dal 13 gennaio per sei mesi raccoglieranno firme in tutto il territorio nazionale, dietro lo slogan “Acqua pubblica, ci metto la firma!”.

L’acqua è un diritto, non una merce
La proposta di legge, che ha per oggetto i “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico”, nasce al termine di un percorso di condivisione, avviato a Cecina in occasione del meeting antirazzista organizzato dall’Arci nell’estate del 2005 e proseguito col primo Forum dei movimenti italiani per l’acqua, che si è tenuto a Roma nel marzo del 2006. Il lancio della campagna è avvenuto a fine novembre a Roma, con una conferenza stampa a cui hanno partecipato – tra le altre – Attac, il Comitato italiano per un contratto mondiale sull’acqua, Mani Tese, Arci, Funzione pubblica-Cgil, Abruzzo social forum, Cobas energia.

Superare la “Galli”
“La proposta di legge di iniziativa popolare – afferma Marco Bersani di Attac Italia – nasce dall’esigenza di costruire un nuovo quadro normativo per affermare che l’acqua è un bene comune, il cui accesso ed utilizzo è un diritto umano universale, che pertanto va sottratto alle logiche del mercato e della concorrenza”. È da superare, cioè, la Legge Galli, la legge che dagli anni Novanta regola la gestione del servizio idrico integrato nel nostro Paese. Con il fine di ridurre l’eccessiva frammentazione dei soggetti gestori, la Galli ha di fatto aperto a investitori privati “il mercato” delle ex aziende municipalizzate, i gestori pubblici che fino ad allora avevano garantito a tutti i cittadini l’accesso all’acqua a prezzi contenuti.

Ad oggi, gli effetti negativi di questi processi, in termini di mancata efficienza e aumento nel costo del servizio, sono sotto gli occhi dei cittadini: ciò ha portato – negli anni – a numerose iniziative di mobilitazione. Tra tanti c’è il caso di Aprilia, una cittadina in provincia di Latina dove oltre tremila cittadini hanno deciso di non pagare la bolletta dell’acqua. Il gestore privato (“Aqualatina”), a fronte di mancati investimenti per il miglioramento del servizio, ha alzato le tariffe di oltre il 100% e la gente ha fatto sentire la propria voce, rispedendo le bollette al mittente.

I predoni e il bene comune
Per comprendere lo spirito della proposta di Legge, occorre tornare a vedere l’acqua come “bene comune”, un diritto umano fondamentale e non una fonte di profitto. Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano e oggi attivo nei movimenti in lotta contra la privatizzazione dell’acqua a Napoli e in Campania, ha così riassunto questo pensiero: “Privatizzare l’acqua equivale a rubare, poiché si ricava un profitto illecito da ciò che è un dono di natura”. E di “ladri dell’acqua”, in Italia, ce ne sono tanti. Non solo tra le imprese che imbottigliano e commercializzano l’acqua pagando tasse di concessione irrisorie alle Regioni (l’italiano è il primo consumatore mondiale di acque minerali, oltre 200 litri all’anno a testa): anche per quanto riguarda la gestione degli acquedotti, viviamo una situazione di contrazione dei soggetti gestori, come ha ricordato nel corso della conferenza stampa Vincenzo Miliucci dei Cobas dell’energia.

L’Acea di Roma, l’Hera in Emilia Romagna, l’Asm di Brescia e l’Aem di Milano, l’Amga di Genova sono ormai dei colossi, società per azioni quotate in borsa che stanno – poco a poco – conquistando la gestione del servizio idrico in tutti e 91 gli Ato (Ambiti territoriali ottimali) in cui la “Galli” ha diviso il territorio nazionale. Sono aziende che, pur mantenendo formalmente le caratteristiche di azienda “pubblica” (il 51% delle azioni in mano ad un Comune o più Comuni), rispondono – di fatto – all’esigenza di remunerare il capitale, e cioè di garantire profitti a quei soggetti privati che hanno acquisito, per effetto di gare o in Borsa valori, quote azionarie di minoranza.

Oltre il “pubblico”
Il nodo, che la Legge d’iniziativa popolare analizza e propone di superare, è l’affidamento della gestione del servizio idrico a Società per azioni (S.p.A.). Un governo pubblico dell’acqua sarà possibile solo quando i soggetti gestori torneranno ad essere enti di diritto pubblico (e una S.p.A., anche quando il 100% delle azioni è in mano ai Comuni, sarà sempre un ente di diritto privato). È sotto gli occhi di tutti l’esempio di Torino: la Smat è una società al 100% pubblica che si comporta però da “privato”, andando a concorrere per ottenere la gestione del servizio idrico della città di Palermo.

Lo Stato obbligato
Una vera rivoluzione è necessaria per superare l’idea che i cittadini debbano farsi carico – in bolletta – di reperire i fondi necessari agli investimenti indispensabili per garantire un livello adeguato del servizio. La Legge d’iniziativa popolare propone che questi vengano coperti con la fiscalità generale. Provocatoriamente: non siamo forse chiamati a pagare, con le nostre tasse, anche l’Esercito e le sue missioni all’estero, siano esse di guerra – Iraq, Afghanistan – o di “pace” (Libano)? Destinando al servizio idrico anche solo il 5% della spesa militare prevista nella Finanziaria 2005 (o 2006, 0 2007), il Governo ricaverebbero i fondi necessari a finanziare le opere di manutenzione e ammodernamento di cui necessita la rete idrica italiana. Ed è proprio questo che propone la legge, obbligando lo Stato nei confronti dei cittadini, al di là delle belle parole del programma dell’Unione (dov’è scritto che: “L'acqua è un bene comune, la cui proprietà e gestione deve rimanere in mano pubblica”). Anche i fondi raccolti nella lotta all’evasione fiscale potrebbero essere destinati allo stesso scopo. E ognuno si vedrebbe garantiti 50 litri d’acqua al giorno, anche coloro – gli indigenti – che non sono in grado di pagare.

Educazione e democrazia
Oltre gli obiettivi specifici, la proposta di Legge si propone come un momento di sensibilizzazione: la raccolta firme (tutti gli eventi e le iniziative sono segnalate sul sito www.acquabenecomune.org) servirà ad organizzare momenti di educazione della popolazione, per creare una nuova cultura dell’acqua e della partecipazione del cittadino alla gestione delle cosa pubblica. La proposta di Legge è anche – nelle parole di Tommaso Fattori, del Tavolo toscano acqua – “una legge contro la privatizzazione della democrazia”: nasce per valorizzare uno strumento legislativo sotto utilizzato e consentirà, allo stesso tempo, di portare il tema dell’acqua nel Paese, tra la gente, nelle piazze, nei centri sociali, nelle parrocchie, e ovunque si possano realizzare eventi e banchetti di raccolta firme.

[di Luca Martinelli, tratto dal mensile Manitese, gennaio 2007]


IL PASTICCIO LOMBARDO
In controtendenza con le "buone intenzioni" espresse del governo dell'Ulivo, a Milano e in Lombardia il Consiglio regionale ha approvato, l'agosto scorso e nel silenzio generale, la Legge 18 sulla riorganizzazione del servizio idrico. Una legge che non solo separa la "gestione" delle reti dall'"erogazione" dell'acqua (come dire: agli enti pubblici l'onere della manutenzione degli impianti, ai privati l'onore di incassare le bollette), ma obbliga anche i comuni a indire le gare d'appalto per privatizzare i servizi idrici, e contro la quale il governo ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale.

Tutti meno Milano
Tutti i comuni sono obbligati tranne uno: Milano, guarda caso, è dispensata dalla gara. Forse perché la sindaca intende fondere la Metropolitana Milanese (che è totalmente pubblica e al momento gestisce l'acquedotto) con la AEM (partecipato al 66% dal capitale privato), e poi procedere a un'ulteriore fusione con la ASM di Brescia, creando così una multiutility pubblico-privata che non solo riceverà in "eredità" l'erogazione dell'acqua di Milano, ma potrà andare in giro per il mondo a offrire i suoi servizi, come fanno altre grandi S.p.A. Un'operazione che appare illegittima sotto vari aspetti: perché non c'è gara d'appalto e perché una società che si fonde con un'altra non può "portare in dote" le concessioni che le sono state assegnate.

La città si mobilita
Contro questi pasticciacci alla milanese, è rinato di recente il Comitato Milanese per l'Acqua, formato tra gli altri da Contratto mondiale per l'acqua, Camera del Lavoro, Arci, Attac, Amici di Beppe Grillo. Il primo obiettivo è informare la popolazione milanese e raccogliere firme per una petizione popolare che chiede, tra le altre cose, che l'acqua venga gestita in modo pubblico e partecipato e non a scopo di profitto, che lo statuto comunale la riconosca come un diritto di tutti, che si prendano iniziative per ridurne il consumo e migliorarne la qualità. Il Comitato intende collaborare con altri gruppi di cittadini, sindaci e presidenti provinciali lombardi per un referendum abrogativo della Legge 18 e sostenere la raccolta di firme sulla proposta di Legge di iniziativa popolare promossa dal movimento italiano per l'acqua.
Per informazioni: http://www.comitatomilanoacqua.info

[di Sandra Cangemi, tratto dal mensile Manitese, gennaio 2007]



LA TOSCANA BOCCIA L’ACQUA PUBBLICA
Il 22 novembre scorso il Consiglio regionale della Toscana ha discusso la proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato della Toscana.
Per arrivare a presentarla il Tavolo toscano acqua, coordinamento di associazioni, sindacati e partiti promotori della proposta di legge, lo scorso anno aveva raccolto oltre 43.000 firme, in centinaia di banchetti e dibattiti organizzati in tutta la regione.
Nonostante i voti favorevoli del Prc, dei Comunisti italiani e dei Verdi, la bocciatura del Consiglio regionale è stata netta e poco dibattuta: il veto dei Ds e della Margherita ha liquidato ben presto le speranze dei promotori. E mentre la Giunta regionale sta elaborando la prima legge regionale per la partecipazione dei cittadini al governo della regione, la stessa amministrazione cancella d’un botto la proposta di 43.000 cittadini.
Il programma nazionale dell’Unione, sul tema acqua, parla chiaro: reti e gestione dei servizi devono rimanere in mano pubblica. Forse in Toscana, dove l’Unione non c’è ancora, l’acqua può essere tranquillamente privatizzata da chi, come la multinazionale romana Acea, ha già il controllo dei servizi idrici di mezza regione?
Un solo gestore d’ambito è rimasto pubblico in Toscana, a Lucca e Massa-Carrara, e i movimenti, i cittadini e i partiti che hanno promosso la proposta di legge regionale sono pronti a difenderlo in tutti i modi. Per non svendere al miglior offerente l’ultima acqua rimasta pubblica in Toscana.
Info: www.leggepopolareacqua.it

[di Alessio Ciacci, tratto dal mensile Manitese, gennaio 2007]

Forum mondiale sulla Sovranità Alimentare

Forum mondiale sulla Sovranità alimentare: Nyeleni 23-27/02/2007

Presentazione generale del Forum

Distinti movimenti sociali hanno preso l'iniziativa di organizzare e svolgere l'incontro internazionale sulla Sovranità alimentare a Bamako in Mali nel febbraio del 2007. Il principio della Sovranità alimentare è stato proposto da Via Campesina a Roma nel 1996 durante il Vertice Mondiale dell'Alimentazione della FAO.

Da allora questa proposta ha incominciato a svolgere un ruolo fondamentale nel dibattito sull'agricoltura e le alternative alle politiche neoliberali. Prima dell'introduzione del concetto di Sovranità alimentare la Sicurezza alimentare si limitava a studiare il modo di garantire un'alimentazione sufficiente attraverso il commercio, tanto a livello nazionale come internazionale. Il principio della Sovranità alimentare colloca i produttori agricoli al centro del dibattito ed appoggia il diritto delle popolazioni a produrre i propri alimenti indipendentemente delle condizioni del mercato.

Il principio della Sovranità alimentare stimola lo sviluppo di modelli alternativi di produzione, di distribuzione e di consumo basati su una logica nuova, lontana di quella del neoliberalismo che da parte sua attribuisce un ruolo principale ai mercati e alla liberalizzazione del commercio e considera che solo i mercati internazionali possono risolvere la questione dell'insicurezza alimentare.

Il diritto alla Sovranità alimentare si dibatte in numerosi forum, reti e conferenze, come i Forum Sociali Mondiali, la campagna More and Better, la rete "Nuestro Mundo No Está En Venta" e la Conferenza di Ginevra sull'OMC che si è svolta nel novembre del 2004. Nel giugno del 2002 si è svolto a Roma il Forum delle ONG sulla Sovranità alimentare, contemporaneamente al Vertice Mondiale sull'Alimentazione della FAO, questo ha permesso ai principali attori attivi in questioni di agricoltura ed alimentazione di riunirsi e condividere idee. La maggioranza di queste organizzazioni, oltre ad una quantità ogni volta maggiore di reti ed alleanze, considera che la Sovranità alimentare oggi è un'alternativa vitale per permette l'applicazione di politiche agricole ed alimentarie adattate alle necessità ed aspirazioni dei popoli del mondo.

Pensiamo che un forum di Nyeleni offrirà una nuova opportunità per aumentare il riconoscimento della Sovranità alimentare e rinforzare le azioni e campagne che si realizzano per la sua applicazione effettiva. Durante questi cinque giorni i partecipanti non si limiteranno a precisare la natura del diritto alla Sovranità alimentare e le sue implicazioni nella politica agricola dei propri paesi e regioni, dibatteranno anche su una strategia dinamica e globale affinché la Sovranità alimentare sia tenuta in conto ed applicata tanto a livello internazionale come locale.

Un forum nel campo

Il forum Mondiale sulla Sovranità alimentare (FMSA) si realizzerà in campagna, in Sélingué, un paese situato a 1:45 ore da Bamako e vicino alla centrale idroelettrica del fiume Sankarani, un affluente del Niger, vicino alla frontiera con la Guinea.

Questa è stato scelto questo luogo per potere dibattere sull'agricoltura e l'alimentazione in una cornice rurale-agricola. È una decisione politica che pretende di trovare un parallelismo e coerenza tra le proposte di Sovranità alimentare ed i mezzi necessari per farla divenire una realtà. La CNOP e le proprie organizzazioni membre hanno portato sempre a termine i propri grandi incontri nel campo e desiderano avvalersi di questa opportunità per rendere visibili le realtà del Mali che sono la loro vita quotidiana. La scelta di Sélingué necessita di particolari accorgimenti per poter accogliere in condizioni di comodità i 500 delegati che qui convergeranno.

L’hotel di Sélingué è composto di 23 bungalows che possono alloggiare 200 persone. Gli altri partecipanti saranno alloggiati in casette che saranno costruite per l'occasione, e che in seguito saranno utilizzate dalle organizzazioni locali e dalla CNOP come centro di formazione. Una parte delle casette sarà costruita con materiali e tecniche tradizionali, il resto, circa cinquanta, si costruiranno con materiali più duraturi per aumentare la loro vita utile. Dopo il forum saranno utilizzate dalle organizzazioni del paese che così disporranno di un centro dove realizzare i propri programmi di formazione ed gli incontri.

Il paese di Sélingué dispone di sei sale abbastanza grandi per accogliere gli uffici di circa sessanta persone. Si costruirà con materiali locali una struttura leggera capace di accogliere 600 persone per le sessioni plenarie.

La CNOP e le organizzazioni contadine che la compongono si incaricheranno dell'installazione dell'infrastruttura necessaria per il buon sviluppo del Forum Mondiale sulla Sovranità alimentare.

Gli obiettivi del forum

La Sovranità alimentare è il diritto dei popoli a definire le proprie politiche di agricoltura ed alimentazione, a proteggere e regolare la produzione ed il commercio agricolo interno per raggiungere i propri obiettivi di sviluppo sostenibile, a decidere il proprio livello di autonomia ed a limitare il dumping di prodotti nei propri mercati.”

La Sovranità alimentare è dunque un'alternativa alle politiche agricoli neoliberali imposti dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale.

Si deve però rilevare che sempre più organizzazioni fanno riferimento a questo concetto senza comprendere o accettare il suo carattere eminentemente politico che rompe radicalmente col sistema economico capitalista dominante.

1. Riaffermare la Sovranità alimentare

Sempre di più, personalità della politica, sindacati o associazioni utilizzano il termine Sovranità alimentare tentando di ridurlo ad una connotazione “sovranista”, sinonimo di chiusura su sé stesso, di rifiuto degli scambi e della complementarietà. Il forum sarà l'occasione di riaffermare in maniera positiva il fatto che la lotta per il riconoscimento del diritto alla Sovranità alimentare comprende quattro ambiti interdipendenti che saranno dibattuti e precisati in queste giornate. Questi quattro ambiti sono l'ambito politico, l'economico, il sociale e l'ambientale.

Il FMSA si incaricherà più concretamente di precisare i punti seguenti che sono già stati definiti nel 1996 e riaffermati in 2001:

- Dare priorità alla produzione, per lo sfruttamento contadino e familiare, di alimenti per i mercati interni e locali, con sistemi di produzione diversificati ed ecologici;

- Vegliare affinché gli agricoltori ricevano un prezzo giusto per la loro produzione, al fine di proteggere i mercati interni da importazioni sotto costo che costituiscono dumping;

- Garantire l'accesso alla terra, all'acqua, ai boschi, alle zone di pesca ed altre risorse a pro di una vera ridistribuzione delle risorse;

- Riconoscere e promuovere il ruolo delle donne nella produzione di alimenti e vegliare affinché abbiano un accesso equo alle risorse produttive e le possano utilizzare;

- Vegliare affinché le comunità abbiano il controllo delle risorse produttive, opponendosi all'acquisizione da parte delle imprese di terre, acqua, risorse genetiche ed altre risorse;

- Proteggere i semi, base dell'alimentazione e della vita stessa, e vegliare affinché gli agricoltori possano scambiarli ed utilizzarli liberamente, questo implica il rifiuto dei brevetti sulla vita e l'adozione di una moratoria sulle coltivazioni geneticamente modificate;

- Investire fondi pubblici per appoggiare le attività produttive di famiglie e comunità, insistendo nell'autonomizzazione, il controllo locale e la produzione di alimenti per la popolazione ed i mercati locali.

- Rafforzare la nostra posizione nell'equilibrio di potere per conseguire concretamente la Sovranità alimentare

2. La Sovranità alimentare è una proposta cittadina

La Sovranità alimentare non è una proposta di riforma settoriale destinata a beneficiare solo i produttori di alimenti, siano contadini o pescatori.

Al contrario, la Sovranità alimentare ha ripercussioni in tutti gli altri settori della società. Garantendo prezzi giusti ai contadini che permettano loro di vivere nella proprie comunità e limita l'esodo verso i centri urbani; è una proposta cittadina globale che non riuscirà ad arrivare a buon termine ed essere adottata a livello internazionale se non sarà appoggiata attivamente dai settori della popolazione che non producono direttamente i propri alimenti. Il FMSA offrirà l'opportunità di rafforzare il dialogo con i sindacati di lavoratori ed organizzazioni internazionali di consumatori per comprendere meglio tutte le ripercussioni che il riconoscimento del diritto alla Sovranità alimentare avrà sull'accesso all'alimentazione.

3. Sviluppare spazi di incontro con governi favorevoli alla Sovranità alimentare

Il Mali ha appena adottato una nuova legge di orientazione agricolo che stabilisce la Sovranità alimentare come obiettivo prioritario. Anche gli stati della CEDEAO fanno riferimento esplicito alla Sovranità alimentare ogni volta con maggiore frequenza. Altri paesi, come quelli del G33, sviluppano proposte molto simili alla Sovranità alimentare, benché usino un'altra terminologia.

Questa nuova situazione mostra che sempre meno Stati credono che le politiche neoliberali possono costituire una soluzione alla fame e la povertà che colpisce gruppi di popolazione crescenti nei propri territori e sono disposti a percorrere nuove vie. Il FMSA permetterà di riflettere sulla migliore strategia affinché gli Stati appoggino attivamente la Sovranità alimentare a livello internazionale.

4. Ottenere il riconoscimento del diritto alla Sovranità alimentare

Uno degli obiettivi del forum sarà definire una strategia mondiale e collettiva affinché si riconosca il diritto dei paesi alla Sovranità alimentare come un diritto specifico, di obbligato compimento per gli stati e garantito dall'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Chiamata all'azione

È già tempo per la Sovranità alimentare

Partecipa alla lotta contro la dominazione corporativa del nostro cibo, pesce ed agricoltura. È già il tempo per la Sovranità alimentare, l'alternativa alle correnti politiche neoliberali dell'alimentazione, pesca e l'agricultura. Il cibo e l'agricoltura sono fondamentali per tutti i paesi, entrambi riguardano la produzione e la disponibilità di quantità sufficienti del cibo sano e salutare, e sono le basi della vita, delle la comunità, della cultura e dell’ambiente. Al contrario, le conseguenze delle dominanti politiche neoliberali sono la fame, la miseria ed il danno ambientale. Mentre le multinazionali prendono il potere, i contadini ed i pescatori sono marginalizzati, ed i consumatori ricevono molto spesso cibo malsano. La sospensione delle negoziazioni dell'OMC mette in luce la necessità per un cambio radicale delle politiche dell'alimentazione, l'agricoltura e le pesca. È già il tempo per la Sovranità alimentare.

La Sovranità alimentare è il diritto di tutti i popoli a definire le proprie politiche di alimentazione e l'agricoltura; a proteggere e regolare la produzione agricola nazionale per realizzare gli obiettivi dello sviluppo sostenibile; a determinare fino a che punto desiderano essere autosufficienti; a fermare il dumping dei prodotti nei mercati, e a dare alle comunità che si basano sulla pesca la priorità all'uso ed i diritti alle risorse acquatiche. La Sovranità alimentare promuova la formulazione delle politiche e pratiche del commercio che servono ai diritti dei popoli a produzioni sicure, salutari e sostenibili. Questo sistema è una manifestazione del commercio che supera il modello restrittivo che è dominato facilmente dalle multinazionali.

Dal Discorso all'Azione: la lotta per la Sovranità alimentare non è un discorso accademico, bensì della vita e la morte di miliardi di persone, la lotta per la democrazia, per i diritti dei consumatori e per preservare l’ambiente per le generazioni future. I contadini, i pescatori, gli allevatori, gli indigeni ed altri produttori di alimenti lottano ogni giorno per preservare la propria dignità, il proprio sostentamento e per preservare l’ambiente. Dobbiamo formare alleanze forti e sviluppare piani concreti di azione per fare avanzare la Sovranità alimentare.

Un dibattito dinamico e vivo: il concetto della Sovranità alimentare e le modalità della sua realizzazione si stanno sviluppando ed approfondendo continuamente. Nuovi temi e sfide, per le risposte alle necessità e per nuove politiche si stanno sviluppando costantemente. Molte organizzazioni, gruppi ed individui appoggiano i principi della Sovranità alimentare, ma sono ancora molti quelli che non conoscono il concetto. Dobbiamo quindi diffondere informazioni sulla Sovranità alimentare e mobilitare persone ed organizzazioni su questo tema. Mentre diventa sempre più comune il termine “Sovranità alimentare,” alcuni politici, istituzioni ed altre entità usano male questo termine. Per questo motivo, dobbiamo assicurare che non venga usurpato.

Nyéléni è un passo importante: Nyéléni 2007–Il Forum Mondiale della Sovranità alimentare. Cinquecento delegati, rappresentando contadini, pescatori, popoli indigeni, donne, lavoratori, ecologista, consumatori, ONGs, giovani e funzionari si riuniranno per fare avanzare la Sovranità alimentare ad ogni livello e in tutti i settori.

Nyeleni 2007 è solo una parte del processo di rafforzamento della lotta per la Sovranità alimentare, per sviluppare ed aggiornare tale concetto, per formare alleanze e sviluppare piani di azione per cambiare il bilancio di potere a beneficio della Sovranità alimentare a favore di tutto il mondo. Per realizzare la Sovranità alimentare è necessaria un'ampia gamma di apporto nella preparazione di Nyéléni. Molte più organizzazioni possono partecipare alla preparazione e al seguito del forum stesso. La lotta per la Sovranità alimentare è di ampio respiro in cui sono essenziali tutte le persone, organizzazioni, governi ed istituzioni che approvano al concetto.

Che cosa possono fare lei e la sua organizzazione?

Adottare il concetto della Sovranità alimentare, organizzare una discussione sul concetto della Sovranità alimentare nella sua organizzazione, comunità e regione con vari settori della società che sono coinvolti nel diritto dell'alimentazione: contadini, pescatori, ecologista, consumatori, popoli indigeni…

Sviluppare piani ed azioni per la Sovranità alimentare che riguarda:

- Lo sviluppo di nuove alleanze.

- Come combattere le multinazionali che minacciano alla Sovranità alimentare.

- Come proteggere l'accesso alle risorse naturali per le comunità.

- Come mantenere le economie locali la dove la popolazione decide cosa e come produrre il cibo.

- Come lottare contro gli attuali trattati di libero commercio regionali e le istituzioni internazionali di finanziamento e quali le alternative a questi sistemi.

- Quale struttura alternativa all'Organizzazione Mondiale del Commercio, per assicurare che il commercio internazionale non mortifichi la Sovranità alimentare.

- Quali politiche già esistenti attualizzano la Sovranità alimentare

Per avere più informazione: www.nyeleni2007.org e www.nyeleni.org

Per dare il vostro contributo

mali--> mali@nyeleni2007.org

international--> contact@nyeleni2007.org

tel +33 870 467 123

Via Campesina

Via Campesina è un movimento internazionale che coordina organizzazioni contadine, piccoli e medi produttori, donne rurali, comunità indigene, gente senza terra, giovani rurali e lavoratori agricoli emigranti. Difendiamo gli interessi basilari dei nostri membri. Siamo un movimento autonomo, plurale, indipendente, senza nessuna adesione politica, economica o di un altro tipo. Le organizzazioni che compongono la Via Campesina vengono da 56 paesi dell'Asia, Africa, Europa ed il continente americano, organizzate in otto regioni: Europa, Asia dell’Est e Sudorientale, Asia del Sud, Nordamerica, Caraibi, America Centrale, Sud America ed Africa.

Come è nata via Campesina?

Nasce nell’aprile di 1992, quando vari leader contadini dell'America Centrale, del Nordamerica e dell'Europa si riunirono a Managua, Nicaragua, nel Congresso dell'Unione Nazionale di Agricoltori e Allevatori (UNAG). Nel maggio del 1993 si portò a termine la prima Conferenza di Via Campesina in Mons, belgio, dove fu costituita come una organizzazione mondiale, definendo i suoi primi modelli strategici e la propria struttura. La seconda conferenza internazionale ebbe luogo a Tlaxcala, Messico, nell’aprile del 1996, dove presenziarono 37 paesi e 69 organizzazioni per analizzare una serie di tematiche che erano di interesse centrale per i piccoli e medi produttori, fra le quali: Sovranità alimentare, riforma agraria, credito e debito esterno, tecnologia, partecipazione delle donne e sviluppo rurale.

Come lavora la via Campesina?

Via Campesina si trova attualmente in un processo di ampliamento e consolidamento, essendo per la sua stessa natura, un movimento pluralistico, democratico e multiculturale. Conta su una copertura geografica abbastanza ampia, risultato della quale, è uno dei movimenti più rappresentativi per la piccola e la media agricoltura nel il mondo. Il lavoro tanto complesso che Via Campesina svolge è un sforzo enorme per riuscire nell'articolazione, la comunicazione e il coordinamento tra le regioni, come pure tra le organizzazioni membre di ogni regione ed il movimento nella sua globalità. Via Campesina lavora per la difesa degli interessi professionali, includendo la dimensioni politica, economica e tecnologica come i temi di genere.

Quali sono le sue priorità?

L'obiettivo principale di Via Campesina è sviluppare la solidarietà e l'unità dentro la diversità tra le organizzazioni, per promuovere le relazioni economiche di uguaglianza e di giustizia sociale, la preservazione della terra, la Sovranità alimentare, la produzione agricola sostenibile ed un'uguaglianza basata nella produzione di piccola e mediana scala. Per riuscire in questi obiettivi, Via Campesina ha definito una serie di strategie tra le quali citiamo:

- L'articolazione ed il rinvigorimento delle sue organizzazioni.

- Avere un'influenza nei centri del potere e di assunzione delle decisioni dentro i governi e le istituzioni multilaterali per dare un altra rotta alle politiche economiche ed agricole che penalizzano la piccola e media produzione.

- Il rinvigorimento della partecipazione delle donne in materie sociali, economiche, politiche, e culturali.

- La formulazione di proposte in relazione a temi importanti come: riforma agraria, Sovranità alimentare, produzione, commercio, ricerca, risorse genetiche, biodiversità, ecosistemi e genere.

Quale è la sua struttura?

La Conferenza costituisce l'organo di decisione più alto di fronte alle proprie politiche, riunendosi ogni quattro anni in posti che ruotano tra le regioni. Gli uffici regionali sono entità dove sono possibili le relazioni ed articolazioni all’interno di ogni regione. È lì dove si realizza il lavoro centrale di Via Campesina. Il Comitato di Coordinazione Internazionale è l’entità che coordina le differenti regioni. La Segreteria Operativa Internazionale coordina ed esegue le risoluzioni delle massime istanze di Via Campesina.

La via Campesina sta lavorando per una politica di alleanze con altre forze sociali, economiche e politiche a livello internazionale per lottare congiuntamente contro il neoliberalismo e per sviluppare proposte alternative dove le grandi maggioranze costituiscano gli attori principali.

Temi principali e campagne. Come movimento contadino internazionale, la via Campesina lavora sui temi principali per i quali il contadini di tutto il mondo si battono:

  1. riforma agraria
  2. biodiversità e risorse genetiche
  3. Sovranità alimentare e commercio
  4. diritti umani
  5. agricoltura contadina sostenibile
  6. migrazione e lavoratori rurali
  7. uguaglianza di genere.

Delegato italiano per Via Campesina a Nyeleni appartenente all’Associazione Rurale Italiana – ARI - al quale potete inviare i vostri contributi:

Andrea Tronchin – andrea.tronchin@tin.it


Domande per la discussione nelle organizzazioni in preparazione del Forum mondiale sulla Sovranità Alimentare (Mali febbraio 2007)

Le domande sono state formulate in base agli obiettivi (1-2-3-4-5) individuati nei diversi incontri del Comitato di preprazione di Nyeleni.

1) Rafforzare il dialogo fra i movimenti sociali e altre organizzazioni,

Domande:

-Quali passi sono necessari per organizzare un dialogo costruttivo fra movimenti e organizzazioni sul tema della Sovranità alimentare?

-Come possiamo coinvolgere i gruppi urbani e rispondere alle domande dei poveri delle zone urbane?

-Come possiamo affrontare i conflitti di interesse fra i settori (per es. Fra contadini/e e popoli indigeni o pastori; o fra gli interessi degli abitanti delle città affinché i prezzi siano accessibili e si risponda alla necessità dei/delle produttori/trici di alimenti con prezzi giusti).

-Come è possibile cooperare maggiormente e costruire alleanze intorno ad una agenda comune?

-Quale metodologia è necessario adottare durante il Foro per garantire un dialogo costruttivo?

2) Riappropriazione collettiva della Sovranità alimentare per evitare che il concetto sia assunto da attori che sminuiscono il suo contenuto e lo utilizzano per rafforzare le politiche neoliberali.

Domande:

-Come assicurare che il principio della Sovranità alimentare sia incorporato nella formulazione di politiche locali e internazionli, evitando allo stesso tempo che sia strumentalizatto dai nostri “avversari” o sminuito, garantendo che continui ad essere un principio proposto dai movimenti sociali con contenuti definiti da questi stessi movimenti?

- Come iniziare a dar vita e realizzare la Sovranità alimentare, come possiamo iniziare a praticare la Sovranità alimentare in tutti i possibili livelli al tempo stesso che lottiamo per il suo riconoscimento ufficiale affinché la “Sovranità alimentare” abbia un significato reale?

-Quali tipi di lotta concreta sono stati sviluppati dalla vostra organizzazione durante gli ultimi 10 anni e quali sono stati i risultati?

3) Rafforzare e sviluppare il concetto di Sovranità alimentare, se necessario si devono concretizzare delle alternative

Domande:

-Pensate che i membri della vostra organizzazione coprendono esattamente il significato di Sovranità alimentare?

-Come si può fare affinché la Sovranità alimentare sia un principio che riflette gli interessi della società, delle comunità (contadine, pescatori, popoli indigeni, pastori, donne, lavoratori/trici agricoli, persone che vivono in città,...) e dei popoli in generale, e non solo gli interessi dei/delle contadini/e e i pescatori/trici artigianali?

-Come possiamo includere nel modo migliore i diritti delle comunità alle risorse naturali, il diritto a mantenere economie locali dove le persone e le comunità decidano cosa e come produrre e consumare?

-Che tipo di norme di commercio internazionale sono necessarie per garantire che il commercio internazionale non deteriori la Sovranità alimentare?

-Che alternative concrete possono essere promosse come esempi di politiche fondate sulla Sovranità alimentare?

-Como possiamo inserire nelle dinamiche locali di comunità e gruppi la questione delle reti alternative di produttori/tric-consumatori/trici affinché la Sovranità alimentare rifletta anche queste iniziative e non sia recepita come molto centralizzata nel livello statale?

4) Rafforzare il dialogo con i governi, istituzioni internazionali e parlamentari che simpatizzano con la Sovranità alimentare.

Domande:

-Con quali governi, istituzioni internazionali e parlamentari sarebbe utile stabilire un dialogo?

-Da quali governi e istituzioni possiamo sperare in un appoggio in relazione alla messa in pratica della Sovranità alimentare?

-Cosa ci aspettiamo da un dialogo di questo tipo?

-Come possiamo fare pressione in modo più efficace nei confronti di governi e istituzioni?

5) Sviluppare strategie e azioni per incidere sui rapporti di forza e ottenere l’applicazione di politiche fondate sulla Sovranità alimentare

Domande:

-Quale strategia è necessaria per incidere nel coordinamento delle forze favorevoli alla Sovra nità alimentare?

-Verso quali attori ci dovremmo concentrare (opinione pubblicza, imprese trasnazionali, istituzioni internazionali, governi o i nostri movimenti)?

-Quali tipi di azioni sono necessarie per fare fronte agli attori dominanti quali i grandi commercianti e le imprese transnazionali?

-Quale potrebbe essere una proposta concreta di azione a livello internazionale per ottenere un impulso favorevole al mutamento?

- È possibile formulare un tema per una campagna che sia chiaro e sul quale concentrarci e mobilitarci nei prossimi 5-10 anni?