Avete letto bene. Duecentosessanta mila metri cubi di cemento si 
abbatteranno sulle miniere abbandonate del Sulcis. Questo il dato che, 
aldilà delle polemiche strumentali di un'improbabile destra ecologista, 
riassume il senso dell'operazione voluta dal governo Soru.
Come mai chi si era distinto per una dichiarata sensibilità per tradizioni, 
identità, ambiente - che gli faceva dire: «La Sardegna, cinquant'anni fa, 
senza alberghi, valeva più di oggi» -, pare rimangiarsi tutto con un'operazione 
che sa tanto di grandi numeri e poco di turismo responsabile, affidata com'è 
ai Tronchetti Provera, ai Ligresti?
Soru sembra rispondere così: «Con la legge "salvacoste" e le norme del Piano 
Paesaggistico, eviteremo l'edificazione selvaggia sulla costa; che male c'è 
se in zone che ne sono prive favoriamo la costruzione di alberghi di lusso e 
campi da golf? ».
Che male ci sia cerchiamo di spiegarlo.
Un campo da golf beve l'acqua di una cittadina di diecimila anime, e due 
tonnellate l'anno di diserbanti; se è vicino al mare provoca salinizzazione 
delle falde quindi moria di piante e animali; è spesso seguito da 
speculazioni immobiliari, senza cui si rivela economicamente deficitario.
La costruzione ex novo, visto lo stato dei ruderi, di enormi fabbricati, 
poi, introdurrebbe, e in fase di edificazione (disboscamento, traffico di 
operai e mezzi pesanti, estrazione, movimentazione,  lavorazione inerti e 
cementi, costruzione vie di accesso, sistemi idrici, fognari, palificazioni 
elettricità e telefonia, inquinamento suolo, aria, acqua) e in fase di 
fruizione (carico antropico, scarichi, traffico veicoli, inquinamento suolo, 
aria, acqua), danni irreparabili all'ambiente.
Di quale ambiente parliamo? Spiega il bando di vendita: "Sono le 
architetture di un'epoca passata, elegantissime, sui fianchi di alte colline 
affacciate verso il mare, a volte a ridosso delle spiagge, sovrastate dalle 
creste di una catena montuosa frastagliata, fra boschi di leccio, macchia 
mediterranea, foreste protette. Sorgono in una zona costiera, in gran parte 
intatta e scampata alla edificazione che ha interessato molti tratti della 
costa, e carica di suggestione, di bellezza e fascino."
Luoghi incantevoli e silenziosi, icone del lavoro e dell'identità dei sardi, 
dove l'opera dell'uomo, edifici minerari di un secolo fa, il tempo ha 
sposato con rara armonia agli alberi, alle pietre, al mare sempre furente.
Siti di Importanza Comunitaria (SIC), dove incontrare il cervo sardo e molte 
specie protette.
Masua, col suo Pan di Zucchero. Naracauli, imponente come una reggia antica. 
Piscinas, ecosistema fragilissimo, sistema dunale unico in Europa. Tre 
esempi tra tanti.
Impossibile descrivere: visitateli. Ma fate presto.
E' il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, Patrimonio dell'Umanità 
per  l'Unesco, che nella Carta di Cagliari fissava le linee guida per la sua 
tutela. Disattese.
Ad aprile, la Regione ha presentato un "Bando per la cessione" di siti all'interno 
del Parco - Ingurtosu, Masua, Monte Agruxau, Naracauli, Pitzinurri - per 
farne "strutture alberghiere ricettive ... e per il golf".
In vendita. Previa bonifica da residui di miniera a spese del contribuente.
Con costi stimati elevatissimi, ammette la Regione. Concessione, forse, non 
vendita, minimizza.
Bisogna vendere perché c'è da bonificare, aggiunge poi.
Il bando dice vendita. In ogni caso, i danni non sarebbero molto diversi. E 
gli ecologisti: «Per bonificare ... servono migliaia di miliardi di vecchie 
lire» (Tiana, Legambiente); «Un impegno economico ... così gravoso da far 
supporre senza particolari difficoltà rischi di ipotesi di danno erariale» 
(Deliperi, Amici della Terra). Ovvero, il rapporto costi benefici - il 
prezzo "a base d'asta" è molto basso - sarebbe così sbilanciato da far 
ipotizzare il danno erariale.
Perché si vende, allora?
Posti di lavoro, si dice. Una colata di 260 mila metri cubi di cemento per 
pochi posti di lavoro -  operai, camerieri - subordinato, temporaneo, 
stagionale?
Ovvio che le popolazioni - si chiama ricatto occupazionale - potrebbero 
essere favorevoli, ovvio lo siano i sindaci, ma dal presidente Soru ci 
aspettavamo altro.
Dalla chimica alle servitù militari passando per il turismo, la Sardegna è 
un crogiuolo di scelte "condivise" rivelatesi devastanti.
Allora?
Partendo da valutazioni di carattere generale  - quel quinto di umanità che 
divora i quattro quinti delle risorse, la corsa all'accaparramento, le 
guerre conseguenti, i limiti dello "sviluppismo", il tracollo socio 
ambientale del pianeta, la necessità di decrescita; dalla consapevolezza che 
molto disagio sociale nasce dai richiami della cultura del consumo, che 
spinge allo spreco e al conseguente impoverimento, e solo in parte dalla 
relativa assenza di benessere; occorre percorrere la via dell'equità, della 
cura, non della devastazione sociale od ambientale.
Come?
Pensiamo che maggiore qualità della vita per le comunità verrebbe da un 
progetto che persegua il ponderato restauro di pochi stabili - poco per 
volta, qual è la fretta? - da far gestire a imprese di giovani formati e 
motivati in corsi di studio ad hoc, nel settore artistico (teatro, musica, 
danza, poesia, tra dune e rovine), agrobiologico, energie alternative, 
archeologia industriale, turismo geologico, paleontologico, escursionismo 
sportivo, naturalistico, trattamenti medici, riabilitativi, campi di studio 
e lavoro di ONG, gite scolastiche didattiche, mostre, albergo diffuso, 
ristorazione con prodotti locali, biologici, equo solidali.
Promuovendo la magia dei luoghi, intercettando i flussi in crescita di 
viaggiatori consapevoli, in fuga dalla pesante impronta ecologica di 
villaggi vacanze e hotel di lusso.
Con un'opera di coinvolgimento delle popolazioni, impiegate gratuitamente 
(quanti pensionati darebbero il loro apporto?) o secondo i principi della 
banca del tempo (maturando soggiorni nelle strutture?) o remunerati (quanti 
disoccupati troverebbero reddito?), che le portasse a far proprio il 
processo di bonifica socioculturale ed ambientale delle aree.
E i soldi?
Si sta creando un comitato, crede in queste idee, le vuole finanziare con l'azionariato 
popolare.
Ha bisogno di stimoli e proposte da chi, sul tema, ha maturato saperi ed 
esperienze: scriveteci.
Due gli obbiettivi immediati: portare l'amministrazione regionale a cambiare 
rotta, e dare ali al progetto.
Domani potremmo svegliarci con 260 mila metri cubi di cemento in più e un po' 
di dignità in meno. Oppure creare un grande e bellissimo esperimento di 
economia alternativa. Noi ci crediamo.
Sandro Martis
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
 
 

 
 
 
 
Nessun commento:
Posta un commento