giovedì, agosto 10, 2006

Avete letto bene. Duecentosessanta mila metri cubi di cemento si
abbatteranno sulle miniere abbandonate del Sulcis. Questo il dato che,
aldilà delle polemiche strumentali di un'improbabile destra ecologista,
riassume il senso dell'operazione voluta dal governo Soru.
Come mai chi si era distinto per una dichiarata sensibilità per tradizioni,
identità, ambiente - che gli faceva dire: «La Sardegna, cinquant'anni fa,
senza alberghi, valeva più di oggi» -, pare rimangiarsi tutto con un'operazione
che sa tanto di grandi numeri e poco di turismo responsabile, affidata com'è
ai Tronchetti Provera, ai Ligresti?
Soru sembra rispondere così: «Con la legge "salvacoste" e le norme del Piano
Paesaggistico, eviteremo l'edificazione selvaggia sulla costa; che male c'è
se in zone che ne sono prive favoriamo la costruzione di alberghi di lusso e
campi da golf? ».
Che male ci sia cerchiamo di spiegarlo.
Un campo da golf beve l'acqua di una cittadina di diecimila anime, e due
tonnellate l'anno di diserbanti; se è vicino al mare provoca salinizzazione
delle falde quindi moria di piante e animali; è spesso seguito da
speculazioni immobiliari, senza cui si rivela economicamente deficitario.
La costruzione ex novo, visto lo stato dei ruderi, di enormi fabbricati,
poi, introdurrebbe, e in fase di edificazione (disboscamento, traffico di
operai e mezzi pesanti, estrazione, movimentazione, lavorazione inerti e
cementi, costruzione vie di accesso, sistemi idrici, fognari, palificazioni
elettricità e telefonia, inquinamento suolo, aria, acqua) e in fase di
fruizione (carico antropico, scarichi, traffico veicoli, inquinamento suolo,
aria, acqua), danni irreparabili all'ambiente.
Di quale ambiente parliamo? Spiega il bando di vendita: "Sono le
architetture di un'epoca passata, elegantissime, sui fianchi di alte colline
affacciate verso il mare, a volte a ridosso delle spiagge, sovrastate dalle
creste di una catena montuosa frastagliata, fra boschi di leccio, macchia
mediterranea, foreste protette. Sorgono in una zona costiera, in gran parte
intatta e scampata alla edificazione che ha interessato molti tratti della
costa, e carica di suggestione, di bellezza e fascino."
Luoghi incantevoli e silenziosi, icone del lavoro e dell'identità dei sardi,
dove l'opera dell'uomo, edifici minerari di un secolo fa, il tempo ha
sposato con rara armonia agli alberi, alle pietre, al mare sempre furente.
Siti di Importanza Comunitaria (SIC), dove incontrare il cervo sardo e molte
specie protette.
Masua, col suo Pan di Zucchero. Naracauli, imponente come una reggia antica.
Piscinas, ecosistema fragilissimo, sistema dunale unico in Europa. Tre
esempi tra tanti.
Impossibile descrivere: visitateli. Ma fate presto.
E' il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, Patrimonio dell'Umanità
per l'Unesco, che nella Carta di Cagliari fissava le linee guida per la sua
tutela. Disattese.
Ad aprile, la Regione ha presentato un "Bando per la cessione" di siti all'interno
del Parco - Ingurtosu, Masua, Monte Agruxau, Naracauli, Pitzinurri - per
farne "strutture alberghiere ricettive ... e per il golf".
In vendita. Previa bonifica da residui di miniera a spese del contribuente.
Con costi stimati elevatissimi, ammette la Regione. Concessione, forse, non
vendita, minimizza.
Bisogna vendere perché c'è da bonificare, aggiunge poi.
Il bando dice vendita. In ogni caso, i danni non sarebbero molto diversi. E
gli ecologisti: «Per bonificare ... servono migliaia di miliardi di vecchie
lire» (Tiana, Legambiente); «Un impegno economico ... così gravoso da far
supporre senza particolari difficoltà rischi di ipotesi di danno erariale»
(Deliperi, Amici della Terra). Ovvero, il rapporto costi benefici - il
prezzo "a base d'asta" è molto basso - sarebbe così sbilanciato da far
ipotizzare il danno erariale.
Perché si vende, allora?
Posti di lavoro, si dice. Una colata di 260 mila metri cubi di cemento per
pochi posti di lavoro - operai, camerieri - subordinato, temporaneo,
stagionale?
Ovvio che le popolazioni - si chiama ricatto occupazionale - potrebbero
essere favorevoli, ovvio lo siano i sindaci, ma dal presidente Soru ci
aspettavamo altro.
Dalla chimica alle servitù militari passando per il turismo, la Sardegna è
un crogiuolo di scelte "condivise" rivelatesi devastanti.
Allora?
Partendo da valutazioni di carattere generale - quel quinto di umanità che
divora i quattro quinti delle risorse, la corsa all'accaparramento, le
guerre conseguenti, i limiti dello "sviluppismo", il tracollo socio
ambientale del pianeta, la necessità di decrescita; dalla consapevolezza che
molto disagio sociale nasce dai richiami della cultura del consumo, che
spinge allo spreco e al conseguente impoverimento, e solo in parte dalla
relativa assenza di benessere; occorre percorrere la via dell'equità, della
cura, non della devastazione sociale od ambientale.
Come?
Pensiamo che maggiore qualità della vita per le comunità verrebbe da un
progetto che persegua il ponderato restauro di pochi stabili - poco per
volta, qual è la fretta? - da far gestire a imprese di giovani formati e
motivati in corsi di studio ad hoc, nel settore artistico (teatro, musica,
danza, poesia, tra dune e rovine), agrobiologico, energie alternative,
archeologia industriale, turismo geologico, paleontologico, escursionismo
sportivo, naturalistico, trattamenti medici, riabilitativi, campi di studio
e lavoro di ONG, gite scolastiche didattiche, mostre, albergo diffuso,
ristorazione con prodotti locali, biologici, equo solidali.
Promuovendo la magia dei luoghi, intercettando i flussi in crescita di
viaggiatori consapevoli, in fuga dalla pesante impronta ecologica di
villaggi vacanze e hotel di lusso.
Con un'opera di coinvolgimento delle popolazioni, impiegate gratuitamente
(quanti pensionati darebbero il loro apporto?) o secondo i principi della
banca del tempo (maturando soggiorni nelle strutture?) o remunerati (quanti
disoccupati troverebbero reddito?), che le portasse a far proprio il
processo di bonifica socioculturale ed ambientale delle aree.
E i soldi?
Si sta creando un comitato, crede in queste idee, le vuole finanziare con l'azionariato
popolare.
Ha bisogno di stimoli e proposte da chi, sul tema, ha maturato saperi ed
esperienze: scriveteci.
Due gli obbiettivi immediati: portare l'amministrazione regionale a cambiare
rotta, e dare ali al progetto.
Domani potremmo svegliarci con 260 mila metri cubi di cemento in più e un po'
di dignità in meno. Oppure creare un grande e bellissimo esperimento di
economia alternativa. Noi ci crediamo.

Sandro Martis

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