domenica, dicembre 11, 2005

Aliga a Cagliari. Raccolta differenziata e salassi

Un distinto signore sta armeggiando in maniera sempre più concitata davanti ad alcuni cassonetti per rifiuti pieni oltre ogni immaginazione, inizia a "litigare" con sé stesso e ci scappa pure qualche colorita espressione in vernacolo cagliaritano’ motivo ? Sta cercando di cravare a viva forza una bacinella rotta di plastica dentro il foro rotondo di un cassonetto blù per la raccolta differenziata?

Una scena ormai comune sulle strade cittadine. Ed una riflessione quasi immediata: i cagliaritani hanno risposto generalmente abbastanza bene ad una raccolta differenziata dei rifiuti urbani organizzata e gestita, invece, assai male dall’Amministrazione comunale.

I toni quasi trionfalistici espressi nei giorni scorsi dall’Assessore comunale ai servizi tecnologici Giorgio Angius appaiono piuttosto fuori luogo: nel primo mese di raccolta differenziata è stato vantato il raggiungimento del 9 % di percentuale "differenziato", cioè nemmeno quel 10 % che il decreto legislativo n. 22/1997, il c. d. decreto Ronchi, prevedeva di raggiungere nel 2003’

E’ da quasi due mesi iniziata la raccolta differenziata dei rifiuti urbani a Cagliari e, in contemporanea, stanno arrivando ai cagliaritani le "bollette" per il servizio di smaltimento dei rifiuti con aumenti, rispetto all’anno scorso, in media del 10-20 %’’

Ma sta finalmente migliorando davvero la situazione della gestione dell’aliga ?

Non sembra si possa dare una risposta positiva.

Il 5 agosto scorso, dopo infinite proroghe del rapporto contrattuale precedente ed un lungo contenzioso giudiziario, il Comune di Cagliari ha aggiudicato l’appalto annuale per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani all’A.T.I. composta dalle società De Vizia, Waste Management e Cooplat per un importo di ben 27 milioni di euro.

A partire dal 20 ottobre 2005 sono disseminate le vie cittadine di 2.500 contenitori (1.000 per i rifiuti indifferenziati, 600 per vetro ed alluminio, 600 per carta e cartone, 200 per la plastica), a Pirri, Genneruxi, Quartiere europeo, Baracca Manna e Mulinu Becciu ‘ in via sperimentale ‘ le singole famiglie (40 mila residenti) hanno le loro "bio-pattumiere" dove depositare la "frazione umida" dei rifiuti da loro prodotti (con raccolta almeno quattro volte alla settimana).

La raccolta dei rifiuti organici è partita a gennaio 2005 per 1.100 esercizi commerciali (600 ristoranti e bar, 500 negozi di frutta e verdura) e 1.500 negozi per gli imballaggi: dal 20 ottobre il loro numero dovrebbe essere raddoppiato.

Ma l’appalto annuale sarà, poi, la migliore soluzione ? Quale situazione si sta delineando ? Nessuna campagna informativa per i cittadini, ad esclusione di un opuscoletto in carta riciclata distribuito nelle cassette postali. La distribuzione iniziale non appare uniforme: le "isole ecologiche", dove vengono situati insieme i cassonetti per le varie tipologie di rifiuti (giallo per carta e cartone, azzurro per imballaggi di plastica, verde per vetro e lattine, grigio per gli "indifferenziati"), sono ancora molto poche. Per giunta s’è deciso di confondere i cittadini posizionando nelle strade dei cassonetti metallici di colore viola dall’ignota funzione e di dotare i cassonetti per la plastica di due soli "buchi" dal diametro contenuto.. dove entrano solo piccoli oggetti, a meno che, come il povero signore cagliaritano,non li si voglia cravare dentro a forza’ L’assessore Angius ha promesso un raddoppio dei cassonetti per la plastica ed un forte aumento di quelli per la carta, nonché un aumento del diametro dei fori. Vedremo che cosa ci si potrà buttare dentro...

Aumenterà anche la frequenza del ritiro dei rifiuti, oggi piuttosto scarsa. Finalmente inizierà la raccolta diretta della carta presso 200 "grandi utenze" (uffici, ecc.). Vedremo’.. Sembra, però, che il Comune di Cagliari voglia ancora fare i conti senza l’oste: oltre alle "furbate" degli anni scorsi quando di raccolta differenziata neppure se ne voleva sentir parlare, che finiranno per costare ai cagliaritani pesanti aumenti sulla "bolletta" dei rifiuti, continua ad ignorare le metodologie di alta efficienza della raccolta differenziata: continua, insomma, a voler privilegiare il cassonetto rispetto alla differenziazione attuata nelle singole case, il metodo che ha dato di gran lunga i migliori risultati, se accompagnato da una buona campagna di sensibilizzazione dei cittadini.

E le giustificazioni, secondo cui in nessuna medio-grande città è possibile la raccolta "porta a porta" non reggono: Reggio Emilia ha 155 mila residenti e raggiunge il 43 % annuo di raccolta differenziata dei "suoi" rifiuti, Padova ha 205 mila abitanti e raggiunge il 38 % annuo di raccolta differenziata, Perugia ha 162 mila abitanti e raggiunge il 31 % annuo di raccolta differenziata, Prato ha 180 mila abitanti e il 34 % annuo di raccolta differenziata, Firenze ha 367 mila abitanti e raggiunge il 29 % annuo di raccolta differenziata.

Purtroppo la situazione negativa non riguarda soltanto Cagliari: la gestione dei rifiuti urbani in Sardegna ha, nel corso degli ultimi vent’anni, provocato sempre maggiori problemi pur essendo la regione una delle meno popolate d’Italia.

I costi ambientali, sociali ed economici non sono mai stati accuratamente analizzati, quantificati e posti in evidenza.

Qualche "indizio" può essere tratto dagli inquinamenti di suoli ed acque determinato dalle discariche abusive, dalle proteste di vari comitati popolari contro discariche "legali" sempre più estese, dalle "tasche" dei cittadini progressivamente "svuotate" in misura maggiore dalle pubbliche amministrazioni per servizi, come quello della gestione dei rifiuti urbani, troppo spesso non all’altezza delle necessità.

Non solo delle "necessità" determinate dalle buone pratiche ambientali, ma con fin troppa frequenza delle "necessità" determinate dalla legge.

Il c. d. decreto Ronchi, il decreto legislativo n. 22/1997 e successive modifiche ed integrazioni è la fondamentale norma quadro vigente in Italia e recepisce le direttive comunitarie in materia di gestione dei rifiuti. Esso prevede, in linea generale, la gestione dei rifiuti urbani attraverso l’adozione di metodologie di raccolta differenziata, recupero, riciclaggio dei rifiuti. La discarica è la soluzione residuale, sito di conferimento di quanto non può esser più recuperato e riciclato. Oggi il decreto legislativo n. 36/2003 (attuativo della direttiva n. 1999/31/CE) stabilisce che i rifiuti possono esservi conferiti soltanto dopo trattamento (art. 7, comma 1°).

E nemmeno la realizzazione dei "termovalorizzatori" (in sostanza inceneritori con recupero energetico) è vista come la soluzione privilegiata. Il c. d. decreto Ronchi assegna, poi, specifiche competenze in materia a Stato, Regioni, Province e Comuni. In Sardegna è stato, finora, attuato ben poco correttamente, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei rifiuti urbani. 878 mila tonnellate di rifiuti urbani prodotti ogni anno in Sardegna, 532 kg. per abitante.

Al 31 dicembre 2004 la percentuale di raccolta differenziata svolta dai Comuni sardi non superava il 5,3 % dei rifiuti prodotti annualmente nell’Isola (dati rapporto rifiuti 2005 di A.P.A.T. e Osservatorio nazionale rifiuti), mentre al 31 dicembre 2003 era al 5,8 % (dati Ass.to reg.le difesa ambiente, 2005), mentre al 31 dicembre 2000 era dell’1,7 %. Significa che in quattro anni il miglioramento è stato minimo.

La media nazionale di raccolta differenziata è del 21,5 %. Peggio della Sardegna è soltanto il Molise (3,6 %).

Irraggiungibile il Veneto con il 43,9 %.

Le "colpe" sono certamente della Regione autonoma della Sardegna, che per troppo tempo non ha svolto in modo incisivo il suo ruolo e ha dato fin troppo spazio ai "signori delle discariche", delle Province, che hanno mancato clamorosamente nei loro compiti di coordinamento e raccordo dei Comuni, ma, soprattutto, dei Comuni, in particolare i maggiori, che hanno scandalosamente omesso i loro doveri di assicurare una corretta gestione dei rifiuti.

Il piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani (deliberazione Giunta regionale n. 57/2 del 17 dicembre 1998) probabilmente è da rivedere in alcuni punti, ma non si può negare che, se Cagliari, Sassari, Quartu S. Elena, Olbia, Oristano, Nuoro, Assemini e Macomer, i più popolosi Comuni isolani, svolgessero correttamente il servizio di raccolta differenziata, il problema della gestione dei rifiuti urbani sarebbe pressoché risolto in Sardegna.

In base al c. d. decreto Ronchi (art. 24 del decreto legislativo n. 22/1997 e successive modifiche ed integrazioni) doveva essere assicurata la raccolta differenziata di precise percentuali minime di rifiuti urbani entro ogni "ambito territoriale ottimale" (A.T.O., circoscrizione territoriale di uno o più Comuni dove razionalmente deve svolgersi la gestione dei rifiuti): il 15 % entro il 1999, il 25 % entro il 2001 e il 35 % entro il 2003. Pena il progressivo aumento del costo dello smaltimento dei rifiuti a carico dei Comuni, i quali ‘ ovviamente ‘ finiranno per far pagare le loro "colpe" ai singoli cittadini. Si deve, infatti, ricordare che il 31 dicembre 2005 scade l’ennesima proroga del termine (art. 11 del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 convertito, con modificazioni, nella legge 17 agosto 2005, n. 168) per l’adeguamento alle prescrizioni del relativo quadro normativo. Si deve ricordare anche che ormai si è passati dal vecchio regime della "tassa" sui rifiuti a quello della "tariffa" per la gestione di essi, con l’intera sopportazione degli òneri economici per lo svolgimento del servizio.

Finalmente la Regione, dopo aver speso negli ultimi 5 anni ben 16 milioni di euro per promuovere la raccolta differenziata e conta di spenderne altri 60 nel prossimo futuro (sempre con co-finanziamento comunitario grazie ai fondi P.O.R. 2000-2006), sembra essersi ricordata di svolgere con la necessaria determinazione i propri compiti di programmazione e vigilanza: con la deliberazione Giunta regionale n. 34/14 del 19 luglio 2005 ha indicato agli Enti locali gli "indirizzi ai quali attenersi per lo smaltimento in discarica di rifiuti urbani trattati" e le ulteriori iniziative per incentivare la loro raccolta differenziata.

Ormai, inoltre, iniziano a circolare gli importi presuntivi delle sanzioni che la Regione andrà ad applicare a carico dei Comuni inadempienti in tema di raccolta differenziata dei rifiuti urbani: aumenti fra il 10 % ed il 30 % della tariffa prevista per lo smaltimento. Importi che giungono a milioni di euro per il Comune di Cagliari, importi che l’Amministrazione comunale finirà per scaricare sulle "bollette" dei cittadini. Proprio il Comune di Cagliari è uno dei maggiori "colpevoli" della cattiva situazione della gestione dei rifiuti urbani isolani. 270 tonnellate al giorno di àliga, 94 mila all’anno.

I conti sono presto fatti: per ogni tonnellata di rifiuti portati in discarica il Comune paga 108 euro, senza raccolta differenziata funzionante e con la penale del 10-30 % pagherà fra 118,80 e 140,40 euro. La sanzione, per le 94 mila tonnellate di rifiuti cagliaritani, sarà, quindi, fra 1.015.200 e 3.45.600 euro.

I cittadini cagliaritani ringrazieranno di sicuro. Già oggi pagano, in media, 157,32 euro all’anno per la tassa di smaltimento dei rifiuti, quinta città in Italia con un incremento del 68,7 % negli ultimi cinque anni (elaborazione C.G.I.A. su dati Ministero dell’interno, 2005): anche senza sanzione, andranno a pagare nel 2006 in media 190 euro.Il Comune di Cagliari sta facendo partire la raccolta differenziata sul proprio territorio soltanto ora, con il progetto SE.P.A.RA. (Servizio pubblico di assistenza alla raccolta differenziata). E’, quindi, inadempiente a termini di legge da otto anni. Ha finora dato da lavorare al termovalorizzatore della Tecnocasic s.p.a. di Macchiareddu e, soprattutto, ha fatto la felicità della mega-discarica della Ecoserdiana s.p.a. nel Parteolla. Più volte ampliata proprio per accogliere i rifiuti del capoluogo isolano fino a divenire uno dei più grandi "poli" dei rifiuti europei con milioni di metri cubi di volumetria complessiva, in una delle aree che vorrebbe essere di eccellenza per il settore agro-alimentare. Più recentemente si è rivolta anche alla discarica del Consorzio industriale di Villacidro. Recentemente l’Assessore regionale della difesa dell’ambiente Dessì ha ricordato che sussistono le prescrizioni della deliberazione Giunta regionale n. 34/14 del 19 luglio scorso e vanno rispettate: nel cassonetto ci si può buttar dentro di tutto e la differenziazione non può esser delegata alla buona volontà degli impianti Tecnocasic. Insomma, ancora una volta, i pesanti costi ambientali ed economici dell’insipienza del Comune di Cagliari dovranno pagarli il territorio ed i residenti. E se la sanzione fosse oggetto di accertamenti per eventuale danno erariale ?


p. Gruppo d’Intervento Giuridico
e Amici della Terra
Stefano Deliperi

1 commento:

scrap recycling and zero emission ha detto...

Salve ho letto conattenzione il vostro j'accuse e mi sento di aggiungere qualcosa in ordine sparso.Intanto vorrei sottolineare, che a fronte di esperienze consolidate di raccolta differenziata mirata al massimo recupero degli scarti sia come materia prima seconda che come combustibile, in Italia dal nord al sud, l'efficenza e l'adempienza rispetto alle tabelle di marcia suggerite dalla normativa vigente sono in alcuni casi ancora a livelli bassissimi. Le Isole pagano poi pegno maggiore per i loro limiti naturali che rendono più complicati - ma non inattuabili - deipianidi reupero al difuori del loro territorio. Un esempio per la Sardegna è il problema del recupero degli scarti di polietilene provenienti dal settore agricolo.Un rifiuto prodotto in svariate centinaia di tonnellate annue. Un rifiuto recuperabilissimo, anzi nell'ultimo anno anche ricercato dall'industria del trattamento e rigenerazione. Cosa succede in Sardegna? Le ditte da me contattate raccolgono il rifiuto dai contadini facendosi pagare, lo stoccano mischiandolo assieme senza alcun trattamento - deprezzandolo - e poi quando sono in emergenza cercano la strada della discarica. Di chi è la colpa? Mah! Mi occupo di commercio di rifiuti recuperabili, quindi il mio lavoro consiste nel verificare la qualità del rifiuto e gli eventuali ostacoli gestionali al suo avvio al recupero di materia - non lavoro con inceneritori o termovalorizzatori. La mia esperienza mi porta a dire che le aziende oggi in Italia hanno una consapevolezza avanzata su qual'è il valore di un rifiuto e quale può essere il suo ruolo nel ciclo produttivo. Questo non perché le aziende hanno sviluppato una coscienza ambientale ma perché verificano quotidianamente il vantaggio economico di una corretta gestione. Nelle regioni e provincie dove le aministrazioni hanno poi attivato i servizi e le infrastrutture che agevolano la gestione del rifiuto i risultati sono eccellenti. Ma perché la gestione corretta dei rifiuti, visto che è un business ambientalmente sostenibile e economicamente vantaggioso non sta prendendo piede ovunque, perché si preferisce sprecare i soldi in operazioni dannose per l'ambiente, per la nostra cultura e la nostra economia?
Io credo chei due motivi portanti siano:
1- Ignoranza
2- Disonestà
Ignoranzadegli amministratori e pianificatori che spesso si trovano a dover decidere degli assetti del terriorio senza sapere niente del reale ciclo di vita del rifiuto. Si rivlgono alle solite aziemde che storicamente si sono occupate di fare tutto e con quella visione limitata decidono espendono i nostri soldi. Per quanto riguarda la disonestà c'è poco da aggiungere tranne che anche li spesso è l'ignoranzaa farla da padrona perché molto spesso una gestione corretta a lungo termine a dei vantaggi economici notevoli e non necessariamente inferiori a quelli provenienti dauna gestione scellerata del territorio.
Cosa possiamo fare? Beh nonaspettarsi un granché dalle amministrazioni tranne che svolgano il loro lavoro amministrativo e contare sulle aziende, approfondire la conoscenza del settoreproduttivo e del ciclo di vita del rifiuto per capire e far capire ai cittadini, cosa si può fare, per quale motivo e quali sono i vantaggi. Una corretta gestione deve far scendere la tassa dei rifiuti e non farla salire.
Altro esempio la raccolta differenziata ed i cassonetti. Per colpa di leggende metropolitane e servizi di striscia la notizia molti sono convinti che quello che mettiamo nelle campane della raccolta differenziata finisce poi in un calderone unico e quindi in discarica. Ma sbagliano a pensare così? In parte no. Ma il punto è un altro: cosa è stato fatto per far capire a chi vive il territorio a cosa serve la raccolta differenziata? Per far capire cosa succede ai rifiuti oltre la campana?
Oltre a demenziali opuscoletti con cassonetti parlanti e numeri cabalistici non ho mai visto niente di stimolante. Cosa si potrebbe fare? tantissimo! Faccio degli esempi.
1- Mostrare i passaggi che un rifiuto fa. In questo modo chi non capisce perché alle volte il vetro, la plastica, lattine e carta vengono messi inuna campana sola e altre volte in campane diverse potrebbe convincersi chenon lo stanno prendendo in giro ma che si trova di fronte a delle scelte gestionali diverse. Quindi un opuscolo che ti dice: il tuo rifiuto va a questo impianto che puoi visitare su appuntamento, gli fanno questo e quest'altro, e dopo viene mandato a quest'altro impianto facendo questa strada, dove diventa quest'altra cosa che poi viene utilizzata per fare quest'altra cosa. Nel caso della plastica la cosa ultima potrebbe essere una fioriera, un cordolo stradale, una panchina o altro che il comune poi acquista e installa dove il rifiuto è stato raccolto etc..
2- Pubblicare un bilancio economico, voi nel vostro articolo avete scritto con chiarezza numeri comprensibili a tutti, dove si visualizzano i vantaggi che poi il cittadino troverà nella tassa a fine anno.

Conoscenza. Se io so che trattamento sarà fatto al rifiuto che metto nella campana capirò perché non devo mettere rifiuti estranei, perché è importante avere campane differenziate e ricevendone gli incentivi economici a fine anno diventerò un difensore di questo sistema e mi incavolerò con chi non lo farà. Conoscenza v.s ignoranza un concetto semplice ma estremamente importante.

Ecco vi hoscritto a ruota libera e spero di aver detto delle cose comprensibili e pertinenti. Come ultima cosa vorrei spiegarvi perché i buchi per la raccolta plastica e carta sono così piccoli e scomodi. Conosco personalmente un grosso produttore di cassonetti,i suoi cassonetti sono un po in tutta Italia, quindi un giorno, avendo anch'io il solito problema che per mettere la carta nella campana mi tocca svuotare i sacconi per strada e procedere a mano, gli ho chiesto di chei era la colpa di questa scelta sadica e all'apparenza stupida. La risposta è stata che sono le amministrazioni comunali che lo richiedono perché altrimenti i cittadini - ignoranti - nei cassonetti della differenziata ci mettono di tutto! Capite? invece di insegnare ed incentivare si sceglie la strada demenziale: ti stringo i buchi!
Per qualunque cosa la mia mail è mauro.pieri@borsarifiuti.com
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Il sito che gestiamo invece è quello della mail.

A presto e buon lavoro
Mauro