venerdì, maggio 16, 2008

740 addio


Cari ricchi, state tranquilli. Magari adesso sappiamo quanti siete e quanto avete guadagnato nel 2005; magari ci fa un po' rabbia sapere che mentre la maggioranza dei cittadini e dei lavoratori italiani ha seri problemi con le necessità "mensili", voi ve la passate assai bene; e magari ci sentiamo presi per il culo quando dai più svariati mass media deviate l'attenzione su altre (e verissime) storture, dimenticando la vostra; magari non digeriamo che le capacità e le professionalità che riconosciamo a molti di noi siano retribuite un decimillesimo di quello che prende qualche fessacchiotto senza arte nè parte.

Ma dormite pure tranquilli: nessuno di noi verrà a toccarvi niente. Forse siamo noi a doverci guardare da voi.

E comunque, anche se dal vostro punto di vista "il danno è oramai fatto", la Commissione nazionale Privacy ha ritenuto illegittima la pubblicazione in internet delle dichiarazioni dei redditi degli italiani. Va bene così. Se la legge è stata violata, è giusto ristabilirla. Tra l'altro, le argomentazioni addotte sono robuste e convincenti.

Ma la questione resta aperta. In che modo - concreto, trasparente, senza ostacoli di sorta - un cittadino può accedere ai dati reddituali dei concittadini? Tramite il Comune, come si è fatto fino ad oggi? Cioè si lascia tutto nel silenzio e nell'oblio perenne?

Una soluzione la indica lo stesso Garante della Privacy quando parla di "filtri". Se la pubblicazione in Internet non riguardasse i dati sensibili (indirizzi, numeri di telefono, composizione nucleo familiare), se per l'accesso venisse richiesta una password, una registrazione o qualsiasi altro filtro, allora potrebbe essere fattibile.

Chissà.

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