sabato, maggio 27, 2006

ABBALIBERA PRO TOTTUS SOS SARDOS

CAGLIARI, 23 MAGGIO 2006

ABBALIBERA PRO TOTTUS SOS SARDOS
ACQUA PUBBLICA: UN BENE COMUNE PER TUTTI I SARDI


L’acqua, per la scarsità con cui è presente in natura, e per la sua contestuale funzione di bene di prima necessità, per la vita in generale e per lo sviluppo di un popolo e del suo territorio, è indubbio che costituisca una risorsa di rilevanza strategica fondamentale, e quindi da sempre ambita dai potenti di turno.

In Sardegna il Sistema Idrico Integrato nasce nel 1957, anno in cui, anticipando di 40 anni la Galli, vede la luce l’Ente Sardo Acquedotti e Fognature, costituito appositamente per gestire e potenziare le strutture acquedottistiche e fognarie regionali: il sistema idrico integrato per l’appunto.
Il legislatore nazionale, con la Legge 36/94 (la suddetta Legge Galli), nell’ottica di un complessivo riordino del settore idrico in campo nazionale, per ovviare all’eccessiva frammentazione nel governo e nella gestione del servizio, per effetto di diverse e successive modifiche normative, ha finito invece col trasformare l’accesso all’acqua potabile, da diritto universale a merce da consegnare al mercato.
La Sardegna poi, con la L.R. n. 29/97, nel recepire pedissequamente la Galli, ha, per l’ennesima volta, perso l’occasione per far valere la specialità del suo statuto, non riuscendo ad adattare la riforma, sicuramente necessaria, alle particolari e singolari caratteristiche della nostra regione.
Le sole note positive, contenute nella LR 29/97, sono: l’individuazione dell’unico ambito territoriale ottimale coincidente col territorio regionale; l’individuazione di un soggetto gestore unico, e conseguentemente, l’adozione di un’ unica tariffa regionale.
La L.R. 29/97, per tutti gli altri aspetti, è stata, fin dalla sua adozione, fortemente contestata dai dipendenti dell’ex ESAF sostenuti dai Sindacati della funzione pubblica di CGIL, CISL e UIL, e, nei contenuti, ritardata e in parte modificata nell’applicazione grazie a dieci anni di lotte, manifestazioni e scioperi, che, quantomeno, hanno scongiurato il ricorso alla gara internazionale per l’affidamento del servizio ad una delle spietate multinazionali delle acque.
Si è arrivati così, nel 2004, dopo diversi anni di lotte e modifiche normative, alla costituzione dell’Autorità d’Ambito territoriale ottimale (ATO) della Sardegna, e all’affidamento, nel 2005, attraverso il cosiddetto sistema “in house”, al soggetto gestore unico: Abbanoa s.p.a.

Questo avviene oggi in Sardegna, mentre in diversi paesi Europei si torna indietro dopo anni di evidenti fallimenti delle privatizzazioni di stampo liberista; tra questi paesi c’è la Germania (dove non si attuano più privatizzazioni del servizio idrico e da quelle già realizzate si torna indietro), il Belgio (in cui hanno oramai abbandonato ogni velleità di tipo privatistica), la Francia (nel paese di tre tra le più grandi multiutilities mondiali dell’acqua i Comuni stanno riprendendo in mano la gestione), la Svezia (di privatizzare l’acqua non se ne parla più da tempo), l’Olanda (dove, nel settembre 2004 il Parlamento ha deciso di impedire ogni forma di privatizzazione dell’acqua e dei servizi idrici), e il Regno Unito (paese in cui, seppur ancora non si ripensa alla ripubblicizzazione del servizio idrico così come è avvenuto in diversi altri casi di privatizzazione attuati dal Governo Tatcher, le ultime notizie parlano di servizi altamente scadenti, tariffe alle stelle, perdite idriche nelle infrastrutture intorno al 80% e, dulcis in fundo, forti crisi d’azienda con i lavoratori a rischio salario).
Quindi, mentre nella gran parte degli stati europei si inizia una graduale ripubblicizzazione della gestione dei servizi idrici, ed in Italia sono in corso diversi ripensamenti in tal senso, (vedi i recenti casi di Napoli, della Toscana e della Puglia), da noi in Sardegna, a conferma dell’atavico ritardo rispetto al resto del mondo industrializzato, l’attuale governo regionale procede, noncurante delle esperienze negative già fatte negli altri stati europei, verso una sconclusionata forma di privatizzazione. Per di più, lo stesso Governo regionale si mostra colpevolmente indifferente rispetto ai rischi ed ai problemi sociali che da tale privatizzazione ne scaturiranno; problemi già ampiamente denunciati sia dai Sindacati che dalle Associazioni in difesa dei consumatori e dei cittadini anche in questi ultimi giorni.

Si pensi che l’attuale tariffa media stabilita dall’Ambito di € 1,14 mc (la tariffa media praticata dall’ESAF fino al 2004 era di € 0,70 mc), si è già dimostrata insufficiente per la copertura dei soli costi di gestione.
Infatti, per questo motivo, Abbanoa pensa di portarla già per l’anno in corso ad € 1,40 mc (+ € 0,26 rispetto a quella oggi autorizzata dall’ATO; e ben + € 0,70 rispetto a quella dell’ex gestore pubblico regionale: l’Esaf). Ma non basta, infatti Abbanoa prevede di doverla portare ad € 1,99 mc entro il 2012.
Se si tiene quindi conto che ai costi di sola gestione (a totale carico della tariffa), vanno poi aggiunti gli oneri, per adesso non ancora considerati, relativi agli investimenti per il rifacimento delle infrastrutture, si arriverà, come da tempo denunciato, ad un costo medio di produzione di 1 mc d’acqua intorno ai €.3,00 che, lo ribadiamo ancora una volta, dovrà essere coperto per intero dalla tariffa applicata, sia secondo la Galli e la LR 29/97, sia secondo il recentissimo testo unico dell’ambiente (D.Lgs 152/06).

L’oggetto del contendere quindi è il costo di produzione dell’acqua potabile che, per questioni oggettive relative alla conformazione orografica prevalentemente montuosa della nostra regione, ed alla scarsa qualità e quantità della risorsa in natura (niente laghi naturali, fiumi o ghiacciai), fanno si che il costo industriale di produzione a mc dell’acqua potabile in Sardegna salga considerevolmente.
Questo principio vale ancor di più se si paragona il caso Sardegna, per esempio, col caso Roma, dove, seppur l’ACEA applica tariffe più alte rispetto ad Abbanoa, come noto, dispone di acque sorgive di ottima qualità vicine all’utenza (Apennini), trasportate per sola gravità e per di più attraverso schemi acquedottistici semplici che in molti casi coincidono con i tracciati originali degli antichi romani.
E’ quindi il principio fondamentale della Galli (la tariffa deve coprire i costi di gestione e di investimento), che in Sardegna trova difficile applicazione senza importanti ripercussioni sull’intero sistema sociale. L’ESAF dal canto suo, proprio a causa delle tariffe di tipo sociale applicate, beneficiava di un contributo regionale di circa 25 M€ per portare a pareggio il proprio bilancio. Esisteva quindi un giusto contributo della fiscalità generale allo scopo di sostenere la tariffa, di tipo sociale, applicata (€ 0,70 mc).

Quale è allora la ratio di questa assurda riforma? Meramente una questione economica? Oppure di sola facciata e tendente ad alleggerire le spese della Regione? Oppure, ancora peggio, quella di arricchire le tasche di qualche privato in agguato?

Questo mistero, come uno spettro, aleggia tra le stanze della Giunta e del Consiglio Regionale sotto la regia della Politica e dei poteri forti che contano. Quello che è certo invece, è che a pagare i conti, a prescindere dalla vera natura della riforma, saranno, da una parte tutti i cittadini attraverso le future tariffe, e dall’altra i lavoratori del comparto dove, già oggi, circa 300 (precari) rischiano il posto di lavoro ed hanno già visto ridotti i propri diritti contrattuali, altri 500 (appalti) non conoscono il proprio futuro lavorativo, e dove altri 500 (gli ex dipendenti ESAF), malgrado le leggi, rischiano di vedere ridotti i propri diritti contrattuali.
Il nostro obiettivo non può quindi essere l’accettazione passiva dell’affidamento in house ad Abbanoa s.p.a. della gestione del S.I.I., poiché questa soluzione è altamente rischiosa e lascia aperta la possibilità di successive privatizzazioni in momenti di difficoltà economica del gestore (ricapitalizzazione della società o vendita delle quote azionarie dei comuni). Già oggi, Abbanoa, si viene a trovare in una situazione di estrema difficoltà a soli 5 mesi dall’inizio della sua attività (70 M€ di esposizione verso banche e fornitori).

L’affidamento in house, che conferisce la gestione diretta ad una S.P.A. a totale capitale pubblico, risulta incompatibile con qualsiasi controllo democratico, ed è inaccettabile per chi, come noi, si batte per un governo pubblico e partecipato dei beni comuni. Le società per azioni, infatti, pubbliche o private che siano, hanno come fine la massimizzazione dei profitti e l’esternalizzazione dei costi.
Noi, dunque, pur essendo consapevoli che la riforma nel settore era ed è necessaria, riteniamo debba essere finalizzata alla realizzazione del miglior servizio ed all’abbattimento dei costi, e non, come invece si prefigura oggi, debba effettuarsi attraverso l’aumento indiscriminato delle tariffe e all’attacco dei diritti dei lavoratori. Per invertire il processo di privatizzazione della gestione dell’acqua innescato in Sardegna dal pedissequo recepimento della Galli, occorre intraprendere un analogo percorso a quello già avviato dai movimenti delle altre regioni italiane. I movimenti Toscani, ad esempio, hanno raccolto 40.000 firme per la presentazione al Consiglio Regionale della Toscana, di una proposta di legge di iniziativa popolare.

Noi chiediamo che l’acqua, come bene essenziale alla vita, sia parte integrante di una politica dei beni comuni, ed il governo regionale riveda completamente il quadro legislativo e regolatore, operando un profondo aggiustamento alle leggi fin qui adottate, i cui principi devono essere sviluppati ed adattati alle specifiche realtà. Al Governo regionale chiediamo di riappropriarsi della maggioranza delle quote di Abbanoa SpA al fine di, ricapitalizzando la società, scongiurare il fallimento o la cessione di quote ai privati.
Per far si che questo avvenga, e col fine di invertire questo assurdo e sbagliato processo di privatizzazione, occorre intraprendere una iniziativa analoga a quella dei movimenti delle altre regioni.
Nasce anche in Sardegna il comitato per far riconoscere l’acqua come bene assoluto di prima necessità, denominato ABBALIBERA, con lo scopo di ricondurre dentro la gestione pubblica il bene comune dell’acqua, anche attraverso una raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare, al comitato aderiscono:

CGIL-FP; CISL-FP; UIL-FPL; FEDRO; ADICONSUM; SOCIAL FORUM; LEGAMBIENTE; A.R.N.M. QUARTU; BANCA DEL TEMPO GUSPINI; FIDAPA; ECOLOGIA POLITICA; ASS.NE ASQUER DIR. BENI PUBBL.; S.C.I .; ACQUA GRAVITÀ’; LA PERGAMENA; ASSOCIAZIONE APRILE; CITTÀ CICLABILE; ASSOCIAZIONE I SARDI; COM.TO REDDITO CITTADINANZA; FORUM DELLE DONNE; CAROVANA SARDA DELLA PACE; COM.TO PARTECIPAZIONE POPOLARE DI MONSERRATO;

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